Quando l’amministrazione statunitense ha lanciato la prima ondata di dazi all’inizio di aprile, in Europa si è diffuso il timore che i progressi compiuti dalla regione nel ridurre l’inflazione e nel promuovere la crescita potessero andare completamente perduti.
La reazione del mercato il 23 maggio alla minaccia di dazi del 50% sull’Europa dimostra che l’ansia da guerra commerciale rimane viva. Tuttavia, vediamo tre modi di guardare con più ottimismo all’attuale contesto.
I dazi potrebbero danneggiare gli Stati Uniti più dell’Europa
Finora i dazi hanno avuto un contraccolpo molto più forte negli Stati Uniti che in Europa, con l’economia statunitense che ha registrato un arretramento nel primo trimestre dell’anno. Inoltre, il rischio di un aumento dell’inflazione dovuto alle tariffe ha impedito alla Federal Reserve di tagliare i tassi. Ciò contrasta fortemente con l’eurozona, dove i tassi sono stati tagliati già tre volte quest’anno.
Anche i flussi sui mercati azionari hanno rispecchiato il cambiamento del sentiment, con un aumento della raccolta dei fondi globali che escludono le azioni statunitensi. In parte ciò è dovuto alle valutazioni di mercato, con l’azionario USA che, in base alle nostre stime, è scambiato in linea con il suo fair value. Ma riflette anche un cambiamento nelle preferenze di investimento e nella performance. Molti grandi investitori hanno espresso l’opinione che il rischio politico sia ormai elevato negli Stati Uniti e che sia semplicemente sensato diversificare aumentando l‘esposizione verso altre regioni.
Stagione robusta per le trimestrali europee
Nel primo trimestre dell’anno le società europee hanno registrato una forte performance. Se si esclude il settore energetico, le società europee hanno registrato una crescita degli utili superiore al 7% rispetto all’anno precedente. Vediamo nel dettaglio alcuni comparti:
Finanza: I tassi di interesse sono in calo in Europa, ma il cambiamento è avvenuto a un ritmo molto più lento di quanto previsto dagli economisti. Inoltre, mentre la BCE ha recentemente tagliato i tassi fino al 2,25%, nel Regno Unito i tassi sono ancora elevati rispetto agli standard storici, pari al 4,25%. Le banche britanniche, in particolare, sono state in grado di sfruttare questo elevato margine di interesse netto, ovvero la differenza tra i costi di finanziamento e quelli ricevuti per i prestiti concessi, per massimizzare la redditività.
Beni industriali: Le performance di questo ampio settore sono state contrastanti, ma per molte industrie, come quella della difesa, l’aumento della spesa ha incrementato i portafogli ordini di aziende consolidate come Rheinmetall RHM, la cui stima del fair value di Morningstar è stata recentemente alzata. Aziende come Siemens SIE, esposte a temi di crescita strutturale come l’elettrificazione e i data center IA, continuano a trarre vantaggio da questo trend.
Salute: Titoli un tempo beniamini del mercato azionario come Novo Nordisk NOVO B stanno lottando per mantenere la propria quota di mercato a fronte di una maggiore concorrenza in settori come i farmaci per la perdita di peso. Ma per aziende come Sanofi SAN e Roche ROG, la crescita dei prodotti chiave rimane forte e le vendite di nuovi farmaci in fase di sviluppo sono incoraggianti.
Il sentiment economico europeo non sta crollando
Consapevoli dell’effetto delle tariffe, 40 società europee hanno rivisto al ribasso il loro outlook per l’intero anno. Molte altre aziende, come Ryanair RYA e Pandora PNDORA, non hanno fornito alcuna guidance per l’intero anno, tanto è il livello di incertezza. Un accordo commerciale tra Stati Uniti ed Europa sembra ancora lontano.
Ma l’aspetto forse più interessante è che l’indice l’Economic Sentiment Indicator (ESI), l’indicatore di sentimento economico, non ha registrato un vero e proprio crollo ad aprile, ma solo una continuazione della tendenza al ribasso.
Forse le ramificazioni dell’annuncio dei dazi del 2 aprile, la successiva pausa, poi la prospettiva di tariffe del 50% e dopo ancora la sospensione fino al 9 luglio richiederanno un po’ più di tempo per essere pienamente assorbite dalle imprese europee? O forse la visione già negativa che le aziende europee hanno del contesto commerciale non può scendere ulteriormente?
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