Sistema pensionistico italiano sostenibile (ad alcune condizioni)

Secondo l’ultimo studio sul Bilancio del Sistema Previdenziale curato da Itinerari Previdenziali, la crescita dell’occupazione fa salire il rapporto attivi/pensionati, che però resta lontano dalla soglia ideale. Esplosa invece la spesa assistenziale (+126% in 10 anni). 

Valerio Baselli 17/01/2024 | 09:47
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Pensione

La previdenza pubblica italiana traballa, ma non crolla; anzi, per il momento sembra proprio reggere. Merito, in estrema sintesi, della netta risalita del tasso di occupazione italiano, che nel 2022 è arrivato alla percentuale record del 60,1% (pur restando tra i più bassi d’Europa) e dell’effetto delle diverse riforme che hanno gradualmente innalzato i requisiti anagrafici e i contributi.

A dirlo è l’undicesimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, presentato lo scorso 16 gennaio alla Camera dei Deputati. Di seguito i punti principali.

Pensionati e prestazioni

Lo studio rivela che dopo un trend positivo avviatosi nel 2009 e proseguito in modo costante fino al 2018 per effetto delle ultime riforme previdenziali, ilnumero di pensionati italiani si mostra di nuovo in risalita: i percettori di assegno pensionistico sono 16,13 milioni nel 2022, a fronte dei 16,09 milioni del 2021 e dei 16,004 del 2018, anno in cui si era toccato il valore più basso di sempre.

“Un incremento ascrivibile”, si legge nel Rapporto, “alle molteplici vie d’uscita in deroga alla Fornero introdotte dal 2014 in poi e culminate negli ultimi anni con l’approvazione dapprima di Quota 100 nel 2019 e, quindi a seguire, di Quota 102.”

Venendo poi al numero di prestazioni pensionistiche, al 2022 ne risultano in pagamento 22,77 milioni +0,06% rispetto al 2021.

Occupazione

Dopo il brusco calo imputabile alla pandemia di Covid-19 e alle misure di contenimento dei contagi, prosegue anche nel 2022 la crescita del numero di occupati, che risale fino a 23.298.000 unità, valore persino superiore a quello pre-pandemico. Allo stesso modo, l’analisi di Itinerari Previdenziali ci dice che, lasciata alle spalle l’emergenza sanitaria, cala significativamente il ricorso alla Cassa Integrazione nelle sue varie forme: nel 2022 i beneficiari sono stati 865.463 (erano stati oltre 7 milioni nel 2020), per una spesa complessiva di circa 2 miliardi.

Tuttavia, con oltre due milioni di NEET (giovani tra i 15 e 29 anni che non studiano né lavorano) e solo poco più di 23 milioni di lavoratori su una popolazione in età da lavoro di circa 38 milioni di individui, l’Italia si conferma tra le nazioni peggiori in Europa sul fronte occupazionale. Secondo i dati Eurostat, il nostro Paese è infatti all’ultimo posto per occupazione globale, distante di quasi 10 punti percentuali dalla media europea (61,4% contro 70,4%); per occupazione femminile (52,5% contro il 65,7% della media europea) e per occupazione giovanile (15-24 anni), dove è quartultima tra i 27 Paesi UE (20,1% contro una media del 35,2%).

Rapporto attivi/pensionati

Nonostante l’incremento del numero di pensionati, con il miglioramento della situazione occupazionale si attesta a 1,4443 il rapporto attivi/pensionati, valore fondamentale per la tenuta di un sistema pensionistico a ripartizione come quello italiano e che, solo nel 2019, toccava la quota record di 1,4578, miglior dato di sempre tra quelli registrati dal Rapporto.

“Resta dunque piuttosto distante quell’1,5 già indicato nelle precedenti pubblicazioni come soglia minima necessaria per la stabilità di medio-lungo termine della nostra previdenza obbligatoria”, si legge nello studio. “Le previsioni per gli anni a venire sono quelle di un ulteriore lento ma progressivo, miglioramento, sempre che si riescano a tenere sotto controllo gli effetti su materie prime ed energia di scenari geopolitici incerti e a patto di investire in politiche attive per il lavoro e politiche industriali che sappiano, rispettivamente, arginare il fenomeno del mistmach tra domanda e offerta e rilanciare la stagnante produttività del Paese capitalizzando le risorse del PNRR.”

Numero di occupati, pensionati e rapporto occupati/pensionati
Pensione
Fonte: XI Rapporto “Il Bilancio del Sistema Previdenziale italiano”, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.

“Volendo trarre qualche prima conclusione, a oggi il sistema è sostenibile e lo sarà anche tra 10-15 anni, nel 2035/40, quando la maggior parte dei baby boomer nati dal Dopoguerra al 1980 - in termini previdenziali assai significativi data la loro numerosità – si saranno pensionati”, spiega Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, che precisa: “Perché si mantenga questo sottile equilibrio, sarà però indispensabile intervenire in maniera stabile e duratura, tenendo conto di alcuni principi fondamentali, tra cui l’innalzamento graduale dell’età di pensionamento, attualmente tra le più basse d’Europa (circa 63 anni l’età effettiva di uscita dal lavoro in Italia nonostante un’aspettativa di vita tra le più elevate a livello mondiale), l’invecchiamento attivo dei lavoratori, attraverso misure volte a favorire un’adeguata permanenza sul lavoro delle fasce più senior della popolazione, delle politiche attive del lavoro e la capacità di progettare una vecchiaia in buona salute.”

Prestazioni assistenziali “insostenibili”

Se dal lato puramente pensionistico, le notizie sembrano essere tutto sommato positive, la spesa assistenziale sembra essere la vera palla al piede del bilancio dello Stato.

Secondo il Rapporto, infatti, nel 2022 l’Italia ha complessivamente destinato a pensioni, sanità e assistenza 559,513 miliardi di euro, con un incremento del 6,2% rispetto all’anno precedente: la spesa per prestazioni sociali ha assorbito oltre la metà di quella pubblica totale, il 51,65%. Rispetto al 2012, e dunque nell’arco di un decennio, la spesa per welfare è aumentata di ben 127,5 miliardi strutturali (+29,4%); aumento ascrivibile soprattutto agli oneri assistenziali a carico della fiscalità generale, cresciuti del 126,3% a fronte dei “soli” 37 miliardi della spesa previdenziale (+17%) e del 18% del nostro PIL (Prodotto interno lordo).

I pensionati totalmente o parzialmente assistiti sono dunque 6.551.533, vale a dire il 40,61% del totale.  Stima che oltretutto appare in difetto agli autori del Rapporto, se si tiene conto di ulteriori prestazioni come la pensione di cittadinanza o, ancora, di  quelle categorie di pensionati che, per età e anzianità contributiva, possono beneficiare anche separatamente di un’ulteriore prestazione assistenziale. “Non sembra rispecchiare le reali condizioni socio-economiche del Paese un dato che vede il nostro Istituto Nazionale di Previdenza Sociale erogare quasi in egual misura prestazioni previdenziali e trattamenti di natura assistenziale (il 46% del totale)”, commenta ancora Alberto Brambilla, nel ricordare che “oltretutto, a differenza delle pensioni finanziate dai contributi sociali, questi trattamenti gravano del tutto sulla fiscalità generale, senza neppure essere soggetti a tassazione”.

Insomma, come già accaduto in passato, quello tracciato da Itinerari Previdenziali è un quadro che richiama l’attenzione sulla necessità di separare previdenza e assistenza, contenendo maggiormente quest’ultima.

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Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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