Un sogno chiamato pensione

Un recente sondaggio svela la grande divergenza tra i desideri pensionistici degli italiani e la realtà. Il 64% degli under 30 non sa fino a quando dovrà lavorare. Quasi unanime il giudizio sulla necessità di una forma di previdenza complementare.

Valerio Baselli 21/12/2023 | 07:48
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Pensione

Nonostante l’incertezza normativa e la complessità delle disposizioni in materia previdenziale, gli italiani, a qualunque età, sembrano avere le idee piuttosto chiare su quando vorrebbero smettere di lavorare e sull’ammontare dell’assegno pensionistico desiderato.

A dircelo è un recente sondaggio pubblicato da Moneyfarm, società di consulenza finanziaria indipendente con approccio digitale, condotto lo scorso mese di ottobre su un campione di 500 persone di differenti età.

Secondo l’analisi, solo il 6% degli intervistati non ha mai pensato a quando vorrebbe andare in pensione. A quasi la metà dei rispondenti, invece, piacerebbe smettere di lavorare entro i 60 anni e al 25% entro i 65. Un 15% di “esasperati” vorrebbe smettere di lavorare oggi stesso, mentre, all’estremo opposto, c’è un 7% che lavorerebbe oltre l’età della pensione, per entusiasmo o magari anche per necessità.

Solo il 5% del campione rimetterebbe la scelta all’ordinamento italiano, affermando di voler lavorare esattamente fino all’età di maturazione del requisito pensionistico. Gli intervistati sembrano avere desideri molto chiari anche sull’entità dell’assegno pensionistico, con solo il 4% che non sa esprimersi a riguardo: al 45% piacerebbe avere tra i 2.000 e i 2.999 euro netti al mese e il 18% si “accontenterebbe” di 3.000-3.999 euro.

Riportati alla realtà e interrogati sull’effettiva età di pensionamento, gli intervistati si dimostrano con i piedi per terra: solo il 13% stima di andare in pensione prima dei 65 anni mentre un terzo (35%) colloca l’uscita dal mondo del lavoro tra i 65 e i 70 anni. Complice l’instabilità della normativa pensionistica, a cui si accompagna un clima di disillusione generale o comunque di incertezza, un terzo degli intervistati (38%) non sa quando potrà andare in pensione, con punte del 64% tra gli under 30, i più colpiti da disoccupazione e precariato.

Anche quando si tratta di determinare l’entità dell’assegno pensionistico non ci si fa molte illusioni: tra quanti dichiarano di sapere quanto percepiranno una volta in pensione, circa la metà (48%) è rassegnata a ricevere un assegno non superiore al 60% dell'attuale stipendio, mentre solo il 7% conta di ricevere l'80% della busta paga. Il 20% degli intervistati invece non ha la minima idea di quanto gli spetterà a fine carriera, con i giovani che si confermano più in difficoltà a guardare al proprio futuro: il 41% degli under 30 dichiara di non sapere quale sarà l’importo della propria pensione.

Il ruolo della previdenza complementare

Un punto che sembra invece mettere d’accordo tutti (81% degli intervistati) è la necessità di aderire a una qualche forma di previdenza integrativa. Solo il 19%, infatti, dichiara di sentirsi a posto con la previdenza pubblica o col fondo pensione già sottoscritto, tutti gli altri hanno fatto le loro stime: il 31% ritiene di aver bisogno di una rendita integrativa netta mensile tra i 500 e i 1.000 euro al mese; il 27% tra i 250 e i 500 euro netti al mese, il 10% inferiore ai 250 euro al mese e il 13% superiore ai 1.000 euro mensili.

Sorprende in positivo il fatto che, nonostante il crollo dei mercati e le tensioni geopolitiche che hanno segnato gli ultimi due anni, oltre la metà dei rispondenti continui ad avere fiducia nei mercati finanziari. Il 23% dichiara di voler investire in una linea azionaria e il 30% in una bilanciata. Solamente il 7% confida in una linea obbligazionaria, a fronte di un 14% di indecisi che invece non sanno su cosa orientarsi. Piuttosto elevata la percentuale (27%) di risparmiatori “evoluti” che puntano su linee di investimento life cycle che riducono il profilo di rischio e la quota della componente azionaria all’avvicinarsi del momento della pensione. Il 71% è consapevole del fatto che il futuro pensionistico vada costruito investendo regolarmente: un quarto degli intervistati stima di dover investire tra i 100 e i 250 euro al mese, un altro quarto tra i 250 e i 500 euro al mese. Rari (4%) coloro che ritengono di dover accantonare meno di 100 euro al mese e altrettanti (4%) coloro che affermano di dover risparmiare oltre 1.000 euro al mese.

“Un primo dato interessante che emerge da questo sondaggio è il forte desiderio del panel di risparmiatori di decidere i tempi della propria vita. Data la mutevolezza del quadro normativo e i non semplici dibattiti a tema pensione, non sorprende che gli intervistati si dividano tra rassegnati e incerti su tempi e ammontare effettivi della loro pensione”, afferma Andrea Rocchetti, global head of investment advisory di Moneyfarm. “Capire, ragionare sul tema, fare i giusti calcoli: questa intanto è già una buona ragione per confrontarsi con un esperto di pianificazione finanziaria e iniziare a pensare al proprio benessere futuro, il prima possibile.”

“Mi fa piacere che la stragrande maggioranza degli intervistati sia consapevole della necessità di investire con regolarità in una forma di previdenza integrativa – continua Rocchetti – purtroppo, oggi solo un quarto degli italiani partecipa attivamente alla previdenza integrativa e in molti saranno verosimilmente costretti a rivedere il proprio stile di vita una volta in pensione. A prescindere che si abbia o meno una risposta alla domanda decisamente urgente di integrare la propria pensione pubblica, il mio consiglio è quello di farsi sempre aiutare da un consulente per individuare la soluzione più adeguata alla propria situazione patrimoniale, orizzonte temporale e profilo di rischio.”

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Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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