Investimenti green: il percorso a ostacoli delle rinnovabili

La crescita dei costi legati alla produzione di energia pulita, dicono gli analisti di Morningstar, mette a rischio il raggiungimento degli obiettivi legati alla transizione energetica fissati dall’Unione europea. Il mercato, però, sconta prospettive troppo pessimistiche ed è possibile trovare occasioni di investimento sia tra le utility che tra gli industriali.

Francesco Lavecchia 10/10/2023 | 12:47
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- Le energie rinnovabili sono sempre più costose in Europa.

- Gli Stati Uniti fanno concorrenza all'Europa.

- Perché il mercato sconta il settore delle rinnovabili. 

 

Quale futuro aspettarsi per il settore delle rinnovabili in Europa? Le istituzioni politiche hanno tracciato le tappe verso la transizione energetica, ma i conti sembrano non tornare e il mercato se ne è già accorto, come dimostrano le forti vendite che hanno colpito in Borsa i titoli del comparto.

Nonostante i forti investimenti - che solo nella prima metà del 2023 hanno toccato la cifra record di 358 miliardi di dollari a livello globale (fonte Bloomberg) – il passaggio dagli idrocarburi alle energie rinnovabili procede a ritmi lenti: nel 2022, l’82% dell’energia mondiale è stata prodotta dalle fonti fossili, solo il 4% in meno rispetto a 22 anni prima. In Europa la percentuale scende al 71% (dall’80% del 2000), ma la quota di domanda soddisfatta dall’energia green è ferma al 20%, ancora troppo lontana dal target fissato dall’Unione europea di raggiungere il 42,5% entro il 2030.

“Questo obiettivo è alquanto ottimistico. La quota di energia prodotta da fonti rinnovabili dovrebbe raddoppiare in circa 7 anni e gli ostacoli per raggiungere il target fissato dalle istituzioni europee non mancano”, dice Allen Good, Director of Equity Research di Morningstar.

Rinnovabili sempre più care

Anche se la produzione di energia da fonti rinnovabile è meno costosa che in passato, non è così economica come potrebbe sembrare. Il costo reale dei progetti, dicono gli analisti di Morningstar, dipende da molti fattori: dalla collocazione geografica, dall’intensità del capitale richiesto e dal costo dello stesso.

Dal 2019 ad oggi, il costo dell’energia eolica offshore è salito del 50% a causa delle maggiori spese legate alla costruzione dei parchi, come ad esempio il prezzo delle turbine, che ha registrato un’impennata nel 2022, e di quelle relative al reperimento dei capitali a causa della risalita dei tassi di interesse. Questo si è tradotto in un aumento del prezzo dell’energia eolica, nell’interruzione di alcuni progetti e nella rinegoziazione o nel fallimento di aste per la costruzione di parchi eolici. “Dato che non ci aspettiamo che questi costi tornino ai livelli precedenti, il target del 42,5% è raggiungibile solo se il prezzo dell’energia salirà in maniera sufficiente a garantire la redditività degli investimenti”, aggiunge Tancrede Fulop, Senior Equity Analyst di Morningstar. “Al problema degli elevati costi di produzione, si aggiungono anche quelli burocratici legati ai ritardi nelle autorizzazioni per i progetti”.

Il solare, dall’altra parte, non è in grado di colmare questo gap di produzione creato dall’eolico. A frenare la crescita di questo mercato ci sono problemi di natura geografica, dato che in alcuni paesi europei, come quelli del nord Europa, il solare è più costoso, e di natura geopolitica, in quanto le aziende del settore sono fortemente dipendenti dalle forniture di componenti prodotte in Cina.

“A nostro avviso le previsioni dell’Unione europea sono troppo ottimistiche poiché basate sull’indicatore LCOE (costo livellato dell’elettricità). Questo indice sintetico di costo, infatti, non tiene conto di una serie di voci e dunque fa apparire le energie rinnovabili molto più economiche di quanto non siano in realtà”, aggiunge Fulop.

Alla crescita del costo delle materie prime si aggiunge anche quello del finanziamento dei capitali. Negli ultimi 10 anni, il settore ha beneficiato di un costo del denaro molto basso, ma la crescita dei tassi di interesse dalla fine del 2021 rappresenta un ostacolo allo sviluppo di nuovi progetti. La società danese Orsted, ad esempio, ha provveduto recentemente a una svalutazione di alcuni asset negli Stati Uniti e, dicono gli analisti, se le aziende costruttrici di parchi eolici e fotovoltaici non potranno contare su un prezzo dell’elettricità più alto saranno costrette a fermare i loro progetti e a rinunciare alla partecipazione alle aste per l’assegnazione di nuovi parchi. Dall’altra parte, però, un aumento del prezzo dell’energia elettrica, specie in un contesto di elevata inflazione come l’attuale, rischia di produrre una forte opposizione politica, cosa che spaventa molto i partiti in vista delle prossime elezioni (negli Stati Uniti si terranno nel novembre del 2024, quelle per il rinnovamento del Parlamento europeo a giugno del prossimo anno).

Perché gli Usa fanno concorrenza all'Europa

Nella fase di difficoltà del settore delle rinnovabili in Europa giocano un ruolo importante anche gli Stati Uniti e più nello specifico l’Inflation Reduction Act (IRA) varato dalla Casa Bianca nel 2022. Come suggerisce il nome, la legge prevede investimenti per combattere l'inflazione, ma contempla anche forti investimenti nella transizione energetica con l’obiettivo, entro il 2030, di ridurre le emissioni del 42% rispetto ai livelli del 2005. 

L’Europa ha risposto agli Usa con il varo del piano Green Deal e Net Zero, ma secondo gli analisti di Morningstar non sarà sufficiente a scoraggiare il deflusso di capitali verso l’altra sponda dell’Atlantico. “I fondi stanziati negli Usa sono molto più generosi rispetto a quelli europei e i sussidi sono diretti e nella forma di crediti di imposta a favore delle aziende. In Europa, invece, la gestione dei finanziamenti è più lenta, a causa dell’eccessiva burocrazia, e non è centralizzata, cosa che rischia di creare squilibri nella destinazione dei fondi e una inefficiente allocazione dei capitali. A causa di un costo complessivo più basso, gli Usa diventeranno un mercato sempre più attraente per le aziende che vogliono investire nella transizione energetica. Vestas, Siemens e Generale Electric, ad esempio, hanno annunciato piani per la costruzione di nuove fabbriche di turbine eoliche offshore negli Stati Uniti in vista della crescente domanda che seguirà ai fondi stanziati dall’IRA”, afferma Good.

Perché guardare con interesse il settore

Nonostante queste problematiche, però, secondo gli analisti di Morningstar non mancano le occasioni di investimento tra le aziende europee, specie tra quelle meglio posizionate per cavalcare il trend della transizione energetica e in particolar modo dopo le vendite che hanno colpito questo segmento di mercato. Negli ultimi 12 mesi gli indici BlueStar Solar Energy Industry e BlueStar Wind Energy Industry Index (costruiti per monitorare l’andamento delle aziende che generano almeno il 75% dei ricavi da prodotti e servizi legati all’energia solare, il primo, e a quella eolica, il secondo) hanno ceduto rispettivamente il 41% e il 31% (in euro, al 5/10/2023) e ora è più facile trovare titoli scambiati a tassi di sconto elevati rispetto al fair value sia nel settore utility che in quello beni industriali.  

 

 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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