Extraprofitti delle banche, i bassi tassi sui conti sono il vero problema?

Johann Scholtz (Morningstar): i conti correnti non sono pensati per essere veicoli di risparmio. In una fase di alta inflazione, rimanere liquidi significa perdere soldi.

Sara Silano 16/08/2023 | 10:18
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Benvenuti a Morningstar. La scorsa settimana, il governo italiano ha sorpreso praticamente tutti annunciando una tassa sugli extra profitti delle banche. I mercati hanno risposto molto rapidamente, con una pioggia di vendite sui titoli finanziari quotati sulla Borsa di Milano.

Il governo Meloni ha affermato che il recente aumento del costo del denaro per famiglie e imprese non si è riflesso in un giusto incremento del rendimento dei loro depositi. Pertanto, la nuova imposta servirà per tagliare le tasse e offrire un sostegno finanziario ai titolari di mutui.

Oggi sono in compagnia di Johann Scholtz, analista azionario di Morningstar specializzato sulle banche per comprendere i rischi per gli investitori e i clienti delle banche.

Sara Silano: Johann, in una recente nota hai affermato che “l'impatto negativo dell'imposta italiana sugli utili delle banche è gestibile, ma l'impatto negativo sul sentiment è di gran lunga maggiore”. Quali sono i principali rischi per gli investitori?

Johann Scholtz: Grazie Sara. Stimiamo che la tassa a sorpresa sugli extraprofitti dovrebbe ridurre di circa il 10% la stima di consensus degli utili del 2023 di Intesa Sanpaolo (ISP) e del 6% di Unicredit (UCG). L'imposta è limitata alle operazioni italiane delle banche, quindi l'impatto dovrebbe essere minore per Unicredit, che genera maggiori guadagni fuori dall'Italia rispetto a Intesa.

Come ho detto, però, il più grosso impatto è sul premio per il rischio, ossia quello che gli investitori chiederanno alle banche in futuro per compensare il rischio di un intervento del governo. Non è la prima volta che vediamo questo in Europa. La Spagna ha implementato un’imposta analoga. E poi abbiamo avuto il divieto sui dividendi durante la pandemia. Penso che agli investitori non piaccia l’incertezza, e il fatto che questo annuncio sia arrivato completamente all'improvviso, penso che abbia spaventato gli investitori e introdotto volatilità nei prezzi delle azioni.

Silano: Nella transizione verso un contesto di tassi di interesse più elevati, la maggior parte delle banche ha visto i propri portafogli di prestiti rivalutati a rendimenti più elevati. Ciò è stato accompagnato, però, da un lieve aumento dei tassi sui conti correnti. Pensi che in futuro le banche saranno costrette ad aumentare gli interessi passivi che pagano? Se sì, quale sarà l'impatto sui correntisti?

Scholtz: Credo sia fondamentale distinguere tra conto corrente e conto deposito. In molte giurisdizioni nel mondo, i conti correnti pagano poco o nessun interesse. I conti correnti non sono pensati per essere veicoli di risparmio, ma sono principalmente utilizzati per le transazioni. Mi rendo conto che la situazione in Italia sia leggermente diversa, perché spesso le grandi banche non commercializzano in modo aggressivo i conti di deposito come prodotto per i loro clienti. E penso che quello che le banche italiane dovrebbero iniziare a fare è dire ai clienti che ci sono alternative al tenere i propri soldi in un conto corrente. So che alcune delle banche italiane più piccole offrono prodotti di risparmio, pagando fino al 3% di interesse.

Quindi, penso che quello che probabilmente vedremo nel tempo è che i tassi di interesse come qualsiasi altra cosa sono una questione di domanda, offerta e concorrenza. E con l'aumentare della concorrenza nel mercato, si dovrebbero effettivamente vedere tassi di interesse più elevati. Ma penso anche che ci sia un potenziale rischio per le banche che ci possa essere un ulteriore intervento normativo per costringerle a trasferire una parte maggiore dei tassi di interesse più elevati ai risparmiatori.

Silano: In tempi di inflazione elevata, la liquidità è una pessima decisione di asset allocation. Gli investitori farebbero meglio a cercare delle alternative?

Scholtz: Comincio con il dire che le circostanze di ogni individuo sono uniche e che gli investitori dovrebbero confrontarsi con il proprio consulente finanziario prima di apportare modifiche sostanziali. Ma sì, parlando in generale, in un contesto di alta inflazione, il cash è un pessimo investimento. Anche se ottieni quel 3% di interesse di cui parlavamo prima, in un ambiente in cui l’inflazione viaggia al 6% - e all’inizio dell’anno aveva toccato il 10-11% -, in termini reali, stai perdendo soldi.

Tradizionalmente, le azioni nel tempo sono state una delle migliori coperture contro l'inflazione. E se guardi al nostro indice Morningstar Developed Markets Wide Moat Focus, vedi che è aumentato del 12% da inizio anno. Inoltre, nell’ultimo decennio, ha prodotto una crescita annualizzata dell'11%, facendo sostanzialmente meglio rispetto all'inflazione nello stesso periodo di tempo. Per gli investitori più avversi al rischio, sono disponibili altri prodotti, ma ancora una volta è meglio parlare con il proprio consulente.

Silano: Grazie Johann per essere stato qui oggi. Per Morningstar, sono Sara Silano.

 

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Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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