Crisi Credit Suisse: per Morningstar non esiste un rischio contagio

I problemi di Credit Suisse sono di natura idiosincratica e le banche europee non sono mai state così solide.

Niklas Kammer 17/03/2023 | 18:24 Johann Scholtz
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credit suisse

Con il Credit Suisse in crisi di liquidità, salgono le preoccupazioni per la tenuta del sistema bancario europeo. Sebbene prevediamo che i prossimi giorni e settimane saranno caratterizzate da alta volatilità, al momento non vediamo una reale possibilità di un rischio contagio in Europa. I problemi di Credit Suisse sono di natura idiosincratica e riteniamo che per ora possano essere contenuti anche nello scenario peggiore. Con i livelli di capitale e di liquidità più elevati, una maggiore qualità degli asset e le autorità di regolamentazione molto meglio attrezzate rispetto a 15 anni fa per sedare qualsiasi scintilla, pensiamo che le banche europee siano molto più solide che in passato.

La situazione si sta sviluppando molto velocemente e le opinioni che formuliamo oggi potrebbero non essere appropriate domani. Tuttavia, riteniamo che gli investitori debbano preferire le banche europee con una maggiore attenzione alla clientela retail e con solide prospettive di redditività. In questo senso segnaliamo BBVA, Handelsbanken, ING e Lloyds.

Perché non esiste un rischio contagio
Mentre molti investitori attingeranno ai loro ricordi del 2007 e 2008, temendo un'altra crisi di liquidità che potrebbe paralizzare il sistema finanziario europeo o globale, riteniamo che oggi le condizioni siano fondamentalmente diverse. Tanto per cominciare, i bilanci delle banche europee godono di maggiore salute. Inoltre, come abbiamo spiegato in una nota precedente relativa agli sviluppi di SVB, hanno evitato di caricarsi di titoli a lunga scadenza e si sono coperti dal rischio di duration assunto attraverso mutui ipotecari. Per queste ragioni riteniamo che l’effetto negativo dell’aumento dei tassi di interesse sul valore dei portafogli delle banche europee sarà limitato.

Ad ogni modo, se dovesse verificarsi uno shock all’interno del settore, crediamo che esso si farebbe sentire prima nel mercato interbancario, dove le banche prestano e prendono in prestito fondi per brevi periodi di tempo, per lo più overnight, per bilanciare le esigenze di liquidità. Poiché riteniamo che i rischi nel settore bancario europeo siano ben compresi dalle banche stesse, ci aspettiamo che le stesse continueranno a fornire liquidità. Lo spread tra i tassi EURIBOR a tre mesi e i Bund tedeschi della stessa scadenza, che dà una buona indicazione dei prestiti intrabancari non collateralizzati in Europa, è rimasto basso per ora, e questo conforta la nostra convinzione che le banche europee non temono alcun rischio contagio.

Riteniamo anche che l'esposizione di altre banche a Credit Suisse sia limitata. La maggior parte delle esposizioni sarà probabilmente di breve termine, per lo più overnight, e supportata da garanzie collaterali. Ma il vero punto è che le banche europee sono molto meglio capitalizzate di quanto non siano mai state nella loro storia. I ratio relativi alla liquidità e quelli patrimoniali sono solidi e ben al di sopra dei requisiti minimi fissati dalle autorità di regolamentazione. Diversamente da quanto succede in Europa, SVB e altre banche più piccole o regionali negli Stati Uniti sono esentate dall’obbligo di rispettare tali requisiti.

Gli scenari possibili 
Tornando a Credit Suisse, i suoi problemi sono di natura idiosincratica. Dopo un aumento di capitale finalizzato solo 4 mesi fa per ristrutturare la propria attività, sono bastati i commenti di uno dei suoi maggiori azionisti, relativamente alla impossibilità di partecipare a un nuovo aumento di capitale, e le prospettive di realizzare una perdita quest'anno e potenzialmente anche il prossimo per far reagire i mercati in maniera scomposta.

Nello scenario peggiore in cui il Credit Suisse non fosse in grado di risolvere i problemi di liquidità e di aumento del capitale, riteniamo che i meccanismi in atto siano sufficienti per prevenire il rischio contagio. In primo luogo, ulteriori obbligazioni Tier 1 verrebbero convertite in azioni, diluendo i il valore degli azionisti ma mantenendo la banca in attività. Se ciò non bastasse, i bail-in-able bond, per un valore di circa 60 miliardi di franchi, verrebbero convertiti in azioni. Sebbene uno scenario di questo tipo sarebbe dannoso per gli azionisti e per gli obbligazionisti di Credit Suisse, riteniamo che il meccanismo in essere sia adeguato a contenere il problema.

 

Alla redazione di questa nota ha partecipato anche Johann Scholtz, analista azionario di Morningstar.

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Niklas Kammer  Analista azionario di Morningstar

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