Usa, cosa farà davvero la Fed nei prossimi mesi?

L’inflazione americana sale ancora e sembra essere meno transitoria del previsto. La disoccupazione, intanto, scende. Ma qualcosa potrebbe trattenere la Banca centrale dall’alzare i tassi come vorrebbe.

Marco Caprotti 12/01/2022 | 15:31
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E se la Federal Reserve non potesse alzare i tassi di interesse? Certo, il presidente della Banca centrale Usa, Jerome Powell, in audizione al Senato americano l’11 gennaio ha anticipato tre rialzi del costo del denaro nel 2022 per sostenere l'economia e fare fronte all'aumento dell'inflazione. Ma ha anche aggiunto che, probabilmente, “rimarremo in un'era di tassi d'interesse molto bassi”. La Fed dovrebbe chiudere l’asset purchase program entro marzo e poi iniziare le strette a partire da giugno. Maggiori informazioni, tuttavia, dovrebbero arrivare dopo il primo meeting della Banca centrale che si terrà il 25 e il 26 di gennaio.

L’inflazione sale
L’inflazione non sembra essere transitoria come tanti avevano pensato: ha cominciato il 2021 all’1,5% ma, ad aprile, il Consumer price index (Cpi) è salito al 5% per poi spostarsi, più recentemente, al 6%. L’ultimo dato reso noto dal Labor Department dice che il Cpi nel 2021 è cresciuto del 7%, il massimo progresso annuale dal 1982.  “La colpa dell’impennata del carovita è da attribuire allo sbilanciamento fra domanda e offerta causata dalle merci rimaste bloccate nei porti”, spiega Michael Wong, analista di Morningstar.

Andamento inflazione Usa
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Ci sono poi da considerare i numeri che arrivano dal mercato del lavoro (la Fed ha un doppio mandato: garantire il massimo di occupazione possibile e la stabilità dei prezzi). Gli ultimi dicono che, nel mese di dicembre, il tasso di disoccupazione degli Stati Uniti è sceso dal 4,2% del mese precedente al 3,9%. Il dato è stato migliore delle attese del consensus, che aveva previsto un calo al 4,1%.

L’andamento dell’inflazione e il tasso di disoccupazione, insomma, puntano verso una stretta della politica monetaria. “Ma le varianti del Covid, come Omicron, possono portare a una riduzione della domanda e a un calo del Pil”, dice l’analista. Gli Stati Uniti a inizio settimana hanno registrato 1,35 milioni di nuovi casi di Covid-19, un record. Il precedente primato era di 1,03 milioni il 3 gennaio. La media delle ultime due settimane mostra 700.000 nuove infezioni al giorno. Oltre 136.600 persone sono state ricoverate in ospedale, il numero più alto dal gennaio 2020.

“Se la domanda dovesse rallentare e si arrivasse a una situazione di stagflazione, la Fed potrebbe decidere di non procedere con un aumento dei tassi”, dice l’analista. Nella riunione di dicembre della Banca centrale Usa, la maggioranza dei membri del Fomc (il braccio operativo dell’istituto) ha dato come probabili almeno tre rialzi nel corso del 2022.

“Sebbene l'inflazione sia in aumento, prevediamo che comincerà a rallentare a metà del 2022 per arrivare una media del 3,6% l'anno prossimo”, spiega Dave Sekera, Chief U.S. Market Strategist di Morningstar. “Per quanto riguarda il Pil, prevediamo che l’economia rallenterà fino ad arrivare a un tasso di crescita del 3,9% nel 2022 e del 3,5% nel 2023. Questi valori sono comunque superiori alle recenti medie storiche”.

La Borsa rallenta
In Borsa, intanto, gli operatori, nonostante qualche fiammata di entusiasmo, preferiscono muoversi con cautela. Da inizio gennaio (fino all’11 del mese e in euro) l’indice Morningstar US Markets ha perso l’1,14% (+34,8% nel 2021). Nello stesso periodo il paniere Global Markets ha segnato -0,75% (+26,7% l’anno scorso).

Indici Morningstar US Markets e Global Markets a confronto dal 2021
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Dal punto di vista delle valutazioni, attualmente, secondo il Morningstar Global Market Barometer l’azionario Usa è sopravvalutato del 4% rispetto al rapporto Price/Fair value (relativamente alle stock coperte dall’analisi Morningstar. Dati in dollari aggiornati all’11 gennaio 2022). 

La situazione, tuttavia, è più eterogenea di quello che potrebbe sembrare. “Guardando le valutazioni attraverso la Morningstar Style Box, ci accorgiamo che i titoli value e le small cap sono sottovalutati”, dice Sekera. 

Morningstar Style Box
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Dal punto di vista operativo, secondo lo strategist per gli investitori c'è la possibilità di muoversi su società di qualità sottovalutate che hanno un vantaggio competitivo (economic moat) Ampio.

Nella tabella in basso sono elencate le società con un economic moat Ampio che Morningstar considera sottovalutate.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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