Le categorie che costano di più

I costi di trading e ricerca fanno alzare le spese soprattutto nei segmenti in cui sono raccolti gli strumenti dedicati a mercati di frontiera e in via di sviluppo.

Marco Caprotti 20/09/2019 | 09:45
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Emergenti e frontiera costano cari. Almeno in termini di spese correnti (medie) per gli investitori che intendono puntare, per diversificazione o ricerca di rendimento, su questi due asset di investimento. Il dato emerge da un’analisi condotta da Francesco Paganelli, fund analyst di Morningstar, sulle categorie Morningstar europee in cui sono raccolti gli Etf (dati aggiornati al 6 settembre. Strumenti Ucits. E’ stata presa una sola classe). “Per avere una fotografia di questo tipo la scelta degli Etf era inevitabile”, spiega Paganelli. “Andare a spulciare le categorie generali avrebbe potuto falsare il dato visto che all’interno, oltre ai replicanti - che presentano un profilo commissionale certo - ci sono diverse classi degli stessi fondi che possono avere spese correnti molto diverse fra di loro. L’analisi, tuttavia, offre una fotografia piuttosto precisa di quelli che, in generale, sono gli universi più costosi”.

Dall’analisi delle spese correnti riportare nei KIID risulta che la categoria più cara in termini di ongoing charge è quella Azionaria globale mercati di frontiera (0,95%). Più in generale, nella Top 10 dei segmenti più salati, sette categorie riguardano singoli paesi, raggruppamenti o zone del mondo emerging.

Le categorie più costose
categorie costose

 

La ricerca costa di più
Al di là delle scelte di pricing che le singole case e di gestione decidono di fare per i propri prodotti, ci sono elementi che tutti condividono. Ad esempio i costi di trading che si possono incontrare quando si decide di operare su mercati poco liquidi come quelli di frontiera e molti di quelli in via di sviluppo.

Ci sono poi i costi di ricerca su società che hanno una scarsa copertura da parte degli analisti. Una situazione che l’introduzione di Mifid 2, con l’obbligo di separare i costi della ricerca da quelli dell’esecuzione (il cosiddetto unbundling) potrebbe peggiorare. “L’obbligo di unbundling significa che gli asset manager devono mettere da parte dei budget per la ricerca”, spiega uno studio della World Federation of Exchanges. “Durante le nostre interviste per il nostro studio, i responsabili del Nasdaq hanno fatto notare che i cambiamenti regolamentari risulteranno in una calo della ricerca e in una minore visibilità delle piccole e medie imprese riducendo la loro la capacità di attrarre investimenti”. Molte società dei segmento frontiera ed emerging sono small e medium cap. “Sono quelle che corrono il rischio di essere rimosse dalla ricerca degli analisti a causa di una minore domanda da parte dei gestori”, dice il report. “Questo, a sua volta, potrebbe aumentare ulteriormente le spese di quei manager che sono comunque interessati a quelle società”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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