MiFID II spinge la gestione passiva

La trasparenza sui costi, cardine della nuova normativa europea, dovrebbe fare da volano ai prodotti indicizzati. Gli intermediari finanziari italiani, però, sembrano ancora indietro.

Valerio Baselli 18/09/2019 | 09:34
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In Morningstar lo ripetiamo da anni: il controllo dei costi è la via del successo. Le commissioni, infatti, sono un fattore in grado di predire con straordinaria efficacia il successo dei fondi e sono l’unico elemento certo che gli investitori hanno a priori. Come dimostrato da diverse ricerche, a prescindere dall’andamento dei mercati, riuscire a minimizzare i costi fa la differenza sul lungo periodo.

Un aiuto concreto agli investitori è arrivato anche dalla nuova normativa europea MiFID II. Per la prima volta in Italia, infatti, chi ha investito i propri risparmi nel 2018 avrebbe dovuto ricevere quest’anno due distinte comunicazioni da parte del proprio intermediario (consulente o gestore). Il nuovo rendiconto previsto da MiFID II presenta in modo molto trasparente i costi sostenuti dal cliente per usufruire del servizio d’investimento in modo da consentirgli di fare le proprie analisi costi/benefici.

Trasparenza fa rima con rivoluzione (in Italia)
La novità più importante è, quindi, l’esplicazione di tutti i costi (commissioni d’ingresso, di gestione, oneri accessori, costi legati alla ricerca, alla fiscalità, commissioni di performance, di consulenza, ecc.), che devono venire conteggiati nel dettaglio ed espressi in euro, non solo in percentuale. Inoltre, il rendiconto deve venire scorporato con due comunicazioni: una ex-ante con la stima di quello che il cliente andrà a pagare e una ex-post con il consuntivo di quello che è stato effettivamente pagato.

“Si tratta di una vera e propria rivoluzione poiché proprio la variabile del costo è fondamentale nel determinare la capacità di un investimento di produrre nel futuro extra-rendimento, consentendo ai risparmiatori di effettuare delle scelte più consapevoli tra gestione attiva e passiva”, ha commentato Simone Rosti, responsabile per l’Italia di Vanguard.

“Quasi sempre nella vita reale, più si paga per qualcosa migliore è la qualità del prodotto che ci si aspetta di ottenere, ma non funziona così per quanto riguarda il costo degli investimenti – prosegue Rosti – perché non vi è motivo di ritenere che si otterrà di più pagando di più. Ogni euro che si paga in commissioni di gestione o di negoziazione è semplicemente un euro in meno di rendimento potenziale. E, esattamente come per i rendimenti, gli effetti dei costi si assommano nel tempo, a tutto svantaggio del raggiungimento degli obiettivi di investimento. E questo vale per tutti i fondi – attivi e indicizzati”.

Tre intermediari su quattro indietro
La realtà, tuttavia, è meno rosea. Se da un lato gli investitori hanno in effetti acquisito una maggiore consapevolezza dell'importanza dei costi, anche grazie alla proliferazione di strumenti di confronto a disposizione online riguardo commissioni e performance (come la sezione Compara gli investimenti su Morningstar.it), dall’altro gli intermediari finanziari italiani faticano ad abbracciare interamente questa nuova “cultura della trasparenza”.

Secondo una ricerca a cura di Moneyfarm in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano pubblicata lo scorso agosto, il 75% della documentazione relativa alla consulenza in materia di investimenti e alla gestione di portafogli analizzata non riporta la totalità delle informazioni previste da MiFID II.

Inoltre, si legge nello studio, in circa l’80% dei casi analizzati non si è riscontrato trasparenza dell’effetto cumulativo dei costi sulla redditività dell’investimento e nella maggior parte dei casi è stato necessario recarsi direttamente presso le filiali per ottenere dai consulenti le informazioni relative ai costi applicati ai servizi offerti. A questo si aggiunge poi che “nonostante sia obbligo di legge fornire al cliente i costi prima di stipulare il contratto, è emersa una certa difficoltà nell’ottenerli e nell’interpretarli per via di una presentazione spesso verbale e generica”.

L’analisi ha riguardato i 20 principali intermediari finanziari presenti in Italia e si è focalizzata sull’analisi delle informative ex-ante, cioè la documentazione che gli intermediari devono fornire ai clienti prima che investano, così che si possano fare un’idea dei costi del servizio (Moneyfarm ha infatti reso noto che a fine giugno la maggior parte degli intermediari non aveva ancora provveduto alla rendicontazione ex-post).

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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