Sui mercati di frontiera è meglio essere attivi

I continui cambiamenti nei panieri di riferimento dedicati ai paesi non ancora emergenti, dicono gli analisti di Morningstar, mettono in luce le capacità dei manager che si muovono in queste aree.

Marco Caprotti 03/10/2018 | 10:04
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I mercati di frontiera sono un affare da gestori attivi. Negli ultimi quattro anni i panieri dedicati ai mercati di frontiera hanno cambiato faccia e sono diventati un po’ più complessi. Trasformazioni che gli strumenti passivi, replicando i basket, seguono naturalmente. “Nonostante questo noi crediamo che su questi mercati ci si debba muovere insieme a un active manager”, spiega Lena Tsymbaluk, fund analyst di Morningstar.

Come cambia il paniere
Le trasformazioni più evidenti le ha avute (e altre sta per subirne) il paniere Msci Frontier Market, uno dei banchmark più usati da chi investe sulle società dei paesi non ancora emerging. Il cambiamento maggiore registrato negli ultimi anni è stata l’uscita degli Emirati Arabi Uniti e del Qatar, promossi al rango di mercati emergenti. I due paesi rappresentavano circa il 40% del paniere e il loro addio ha avuto impatti sulla sua liquidità e sulla sua capitalizzazione. A giugno 2017 anche il Pakistan (che rappresentava circa il 10% del paniere) ha acquistato la medaglia di emerging.

Altre trasformazioni sono in arrivo. L’Argentina, ad esempio, dovrebbe essere promossa a emergente a maggio del 2019. Sempre l’anno prossimo si valuterà se far salire di grado anche il Kuwait. “Tutto questo non coincide necessariamente con l’ingresso nel paniere di mercati liquidi quanto quelli che escono”, spiega l’analista. “Questo significa che alcuni gestori, soprattutto quelli il cui mandato impone di stare legati all’indice, si trovano ad avere in portafoglio paesi meno liquidi e troppo poco sviluppati anche per gli standard dei frontier”.

Un nuovo approccio
Per far fronte a questa situazione ci sono gestori che hanno deciso di cambiare approccio. “Il sistema di investimento è stato raffinato”, spiega l’analista. “Molti manager hanno deciso di prendere le distanze dal paniere e dalle sue trasformazioni creando un universo di investimento più stabile. Alcuni, ad esempio, hanno deciso aggiungere al paniere di riferimento cinque paesi emergenti: Filippine, Colombia, Egitto, Pakistan e Perù”.

E’ quello che ha fatto, ad esempio, il gestore di Templeton Frontier Markets (Analyst rating: Neutral) che si è creato su misura il paniere Msci Frontier-Emerging Market Countries Capped Index. L’esposizione ai mercati emergenti ha un tetto al 30% e ogni paese può essere rappresentato per un massimo del 10%. Le Filippine possono arrivare al 15%.

HSBC GIG Frontier Market (Neutral) ha costruito, insieme all’emittente di indici, l’MSCI Select Frontier & Emerging Market Index: è formato da 23 paesi del paniere frontier classico a cui sono stati aggiunti sette mercati considerati emergenti ma che il gestore ritiene abbiano più una natura da frontiera: Filippine, Colombia, Egitto, Pakistan Emirati Arabi, Perù e Qatar. Anche in questo caso l’esposizione agli emergenti può arrivare al 30% e ogni paese non può essere rappresentato più del 10%.

“In questo modo i gestori cercano di eliminare quelli che ritengono difetti naturali del paniere principale”, spiega l’analista. “Ad esempio la concentrazione su Kuwait e Nigeria”. Alla luce di questo quadro, secondo l’analista di Morningstar, il gestore attivo può giocare delle carte che lo strumento passivo, da replicante, non può mettere sul tavolo quando si parla di mercati complessi e difficili da seguire come quelli di frontiera. “L’active manager può diversificare, sfruttare le inefficienze, fare o cercare analisi dettagliate e dare un giudizio sulla corporate governance delle aziende che vuole mettere in portafoglio”.

L'analisi è stata realizzata con la piattaforma per professionisti finanziari, Morningstar Direct. Clicca qui per saperne di più sulle sue funzionalità.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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