Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi. La famosa citazione de Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa si potrebbe applicare al mondo finanziario post-Lehman. La crisi del 2008 è stata in ultima analisi determinata dall’avidità che ha portato a posizioni caratterizzate da un’eccessiva leva finanziaria su debiti di scarsa qualità. Dieci anni dopo, (ri)scopriamo che le vecchie abitudini sono dure a morire.
La questione centrale resta, infatti, l’utilizzo della leva finanziaria nell’economia. L’indebitamento è diminuito in alcuni paesi e settori (come, ovviamente, il real estate), ma in generale il livello di tassi estremamente basso e l’intervento pubblico hanno portato a un aumento generalizzato della leva economica. Secondo l’ultimo Global Debt Monitor dell’Institute of International Finance, il debito aggregato è infatti passato in dieci anni da 173 a 247 mila miliardi di dollari, circa il 318% del Pil globale (era al 283% nel 2008).
Inoltre, “gli investitori alla ricerca di rendimenti si sono lanciati su strategie difficilmente in grado di fornire la liquidità necessaria per la prossima crisi (ad esempio il credito alternativo). Peggio ancora, gli operatori non stanno prezzando un evento del genere”, afferma in una nota Jerome Teiletche, Head of Cross Asset Solutions di Unigestion.
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