Questioni di stile

Un approccio esclusivamente value o growth, nei mercati di oggi rischia di essere troppo semplicistico. Ma, nel lungo periodo, il primo vince sul secondo. Meglio avere pazienza.

Marco Caprotti 20/09/2018 | 09:47
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Si fa presto a dire value - o growth - quando si parla di uno stile di investimento. La trasformazione dei mercati  degli ultimi 20 anni e la sempre maggiore specializzazione degli investitori, unita ai progressi tecnologici che hanno cambiato il volto di interi segmenti di mercato, oggi probabilmente rende obsolete le due categorizzazioni.

Che cosa è value o growth?
Una volta sotto l’ombrello del “valore” si raccoglievano quei titoli a buon prezzo che erano in grado di dare rendimenti stabili nel tempo. Erano quelli di società del settore finanziario o industriale (giusto per fare due esempi). Con “crescita” si intendevano quelle società (e quelle azioni) per le quali gli investitori erano disposti a pagare un premio in attesa di una crescita stellare degi utili. Ad esempio, la tecnologia. Poi qualcosa è cambiato: un comparto come le Tlc, che alla fine del 1990 era considerato growth ha inziato ad avere basse valutazioni e a dare rendimenti interessanti, ad esempio, distribuendo buone cedole agli azionisti. La grande distribuzione (value), intanto ha dovuto fare i conti e adattarsi all’arrivo dello shopping online.

Ha senso, quindi continuare a ragionare secondo queste due categorie? E come conviene comportarsi nel lungo periodo? “Come tutti gli stereotipi, i marchi value e growth tendono a semplificare l’approccio degli investitori, soprattutto di quelli più esperti”, spiega Dan Kemp, Chief Investment Officer di Morningstar Investment Management (MIM) per la regione EMEA. “Nonostante questo, la maggior parte degli attori del mercato continua a considerare questa divisione come parte del processo di investimento”.

Chi guadagna di più?
Diversi studi hanno dimostrato che nel lungo periodo le azioni meno costose danno rendimenti più alti rispetto a quelle più care. “Visto che un investitore value di solito cerca i titoli che costano meno mentre quello growth ha la caratteristica di pagare un premio, questo indicherebbe una vittoria dei value”dice Kemp.

Ma è davvero e sempre così? “In realtà, nel breve periodo la performance relativa dei due stili di investimento ha dimostrato di essere ciclica”, risponde Kemp. Guardando agli Stati Uniti, i fondi raccolti nella categoria Usa Large cap growth da inizio anno hanno guadagnato (mediamente) il 13,3%, (in dollari) contro il +4% fatto segnare dai cugini value. Ma allora sono meglio i growth? “Si tratta di un asset di investimento da maneggiare con attenzione. Solo un pazzo butterebbe nel cestino le prove arrivate nell’ultimo secolo che dimostrano come le azioni value siano meglio delle growth”, dice John Rekenthaler, vice president della ricerca di Morningstar.

Nel lungo termine il value tende a vincere sul growth
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“C’è evidentemente un legame fra la valutazione di un asset e il suo guadagno o la sua perdita in futuro”, dice Kemp. “Quando un titolo viene trattato al minimo storico della sua valutazione, i rendimenti futuri sono più alti del normale e le perdite future sono minori del solito. La finanza comportamentale ha dimostrato che è difficile farlo capire a un investitore. In parte perché l’istinto umano è quello di concentrarsi sulle esperienze più recenti e di pensare che è meglio fare quello che fanno gli altri piuttosto che agire da soli. Nell’industria dei fondi, inoltre, gli incentivi tendono a premiare chi ha risultati nel breve periodo e non chi ha pazienza”.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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