Gli occhi dei gestori internazionali si spostano sempre più spesso sul Giappone. Una scelta inevitabile, dicono gli investitori che lavorano sui paesi sviluppati, in un momento in cui gli Stati Uniti continuano a correre e in Europa non si placano le preoccupazioni legate agli sviluppi di diverse situazioni politiche. “Gli argomenti che portano i gestori sono diversi”, spiega David Brechley, analista di Morningstar. “Parlano di crescita dei profitti più veloce rispetto ad altri mercati, delle riforme del premier Shinzo Abe che funzionano, della corporate governance che migliora e di un maggior rispetto per i piccoli azionisti”.
Value o Growth?
Quando si parla di investire in Giappone, tuttavia, una questione resta aperta: meglio i titoli value o quelli growth? Il problema non è di poco conto in un paese che ha grandi aziende di vecchio tipo che possono essere considerate value (auto e banche), ma che ha dato il passo al resto del mondo in segmenti tipicamente growth come la tecnologia e dove nascono aziende che stanno costrunendo la cosiddetta New Japan Economy (o Shin Nippon). Fra queste ci sono alcune società all’avanguardia nell’intelligenza artificiale. “Su questo punto le opionini dei manager divergono”, dice Brechely. “Secondo alcuni la struttura del mercato giapponese è tipicamente value e il numero delle aziende growth non giustifica ancora un totale cambiamento di approccio. Altri ritengono che il crescente numero di società altamente innovative giustifichi un cambio di prospettiva quando si parla dell’Arcipelago. Tutti però sono d’accordo su una cosa: l’equity giapponese è decisamente a sconto”. L’indice Morningstar Japan da inizio anno (fino al 12 settembre e in euro) ha perso l’1,3% (-5,5% in yen).
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