Emergenti, come coprirsi dal rischio valuta

Il tasso di cambio può impattare negativamente sul rendimento degli asset. Ma si può fare hedging per neutralizzare i fattori economici, politici e di sistema che possono condizionare l’andamento delle monete nei paesi in via di sviluppo.

Francesco Lavecchia 21/07/2017 | 09:21
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Quando si investe nei mercati emergenti oltre al rischio legato al valore dell’asset acquistato c’è anche quello relativo all’andamento dei tassi cambio che può, a seconda dei casi, amplificare il capital gain o le perdite. Tuttavia è possibile coprirsi in parte dal secondo ricorrendo allo strumento dell’hedging.

Valute emergenti: dall'Europa all'Asia ecco i risultati
Chi negli ultimi 12 mesi ha assunto delle posizioni sui mercati dell’Europa emergente ha beneficiato in molti casi del doppio guadagno. Gli indici Msci di Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e il Russell Romania hanno realizzato nel periodo rispettivamente +44,87%,+ 43,38%, +3,7% e +30,95% (rendimenti al 18 luglio 2017 in valuta locale), performance alle quali si è aggiunto il positivo andamento dei tassi di cambio nei confronti dell’euro.  Nello stesso periodo, infatti, lo zloty polacco si è apprezzato del 5,7%, il fiorino ungherese del 2,9% e la corona ceca del 4,1%, mentre il leu rumeno ha ceduto quasi il 2%.

In questi paesi i mercati azionari e quelli valutari hanno beneficiato delle buone prospettive di crescita della regione. Il miglioramento della congiuntura in Eurolandia ha fatto da acceleratore all’espansione di queste economie, che tipicamente esportano nel Vecchio continente manufatti, materie prime ed energia, e promette di continuare a farlo anche nei prossimi anni, quando lo stato di salute dell’area euro migliorerà ulteriormente.

Diversa è stata la situazione sui mercati dell’America latina. Qui i listini hanno realizzato buone performance (gli indici Msci di Perù, Messico, Cile, Brasile e Argentina hanno registrato guadagni compresi tra il 13% e il 18%), spinti dalle basse valutazioni dell’equity, che hanno favorito il flusso di capitali in ingresso, e dalle prospettive di un rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed e della Bce, ma le valute hanno avuto un effetto deprezzante. L’instabilità politica di paesi come Brasile e Argentina e la dipendenza dall’economia cinese e statunitense, come nel caso di Perù e Messico, hanno indebolito i tassi di cambio nei confronti dell’euro: il real ha ceduto il 7%, peggio hanno fatto il peso colombiano e messicano (rispettivamente -8,3% e -8%), mentre il nuevo sol peruviano ha limitato i danni a -1,5%.

Più eterogeneo è invece il quadro dei paesi asiatici: i listini cinesi hanno guadagnato il 25% negli ultimi 12 mesi (indice Msci China al 18 luglio 2017 in valuta locale), ma lo yuan ha perso contro l’euro quasi il 6%, danneggiato dai timori di un possibile scoppio della bolla immobiliare e dal forte deflusso di capitali esteri. In India, invece, le Borse hanno registrato performance più basse (+17,9% il rendimento dell’indice Msci India in valuta locale) e il cambio rupia/euro ha guadagnato il 2%. Questi due dati sono il risultato di una economia con ottime prospettive di crescita, spinta da bassi tassi di interesse, bassa inflazione, alti investimenti pubblici e un significativo progresso dei consumi interni. 

Strategie di hedging
Gli investitori, comunque, hanno a disposizione uno strumento per limitare il rischio legato al tasso di cambio, quello dell’hedging sulle valute, e diverse strategie da implementare per realizzare questa copertura. La prima è di neutralizzare alcuni fattori che possono condizionare l’andamento di una moneta emergente, come il prezzo delle materie prime. Se ad esempio abbiamo investito sul mercato russo, e dunque abbiamo una posizione lunga sul rublo, allora la scelta di andare corti su una valuta ugualmente sensibile alle quotazioni del petrolio, ma de-correlata dalla Russia, ci permetterebbe di realizzare una copertura adeguata. Allo stesso modo, per altre valute come il real brasiliano, l’opzione potrebbe essere quella di andare short su currency che dipendono in modo analogo dalle fluttuazioni del prezzo del ferro, come l’Australia.

Altri fattori che possono condizionare l’andamento dei tassi di cambio possono essere di natura politica. Ad esempio, se l’investitore ha una posizione lunga sul Messico, un mercato che ha risentito dei rumor legati al rischio di una rottura degli accordi di libero commercio del NAFTA (North America Free Trade Agreement) in seguito all’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, una scelta di hedging potrebbe essere quella di andare corti su un altro Paese, come il Canada, ugualmente interessato da questo trattato ma con fondamentali diversi.

Un’altra opzione è infine quella di coprirsi da rischi economici e geopolitici regionali. In questo caso, data una posizione lunga su una data valuta di un Paese emergente, la strategia sarà quella di andare short su un’altra moneta appartenente alla stessa area. In questo modo si riusciranno a sfruttare le specificità del mercato in cui si è investito riparandosi da altri fattori esogeni di diversa natura.

 

 

 

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Info autore

Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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