La frontiera non è solo un indice

L’individuazione dei mercati non ancora emergenti è solo uno dei problemi con cui hanno a che fare gli investitori interessati a questo asset. 

Marco Caprotti 20/07/2017 | 10:13
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Frontiera fa rima con prudenza. O almeno dovrebbe, a giudicare dalle incertezze che circondano questo asset di investimento. A cominciare, ad esempio, dalla composizione degli indici su cui molti fondi (attivi e passivi) si muovono. “I frontier market sono un universo eterogeneo. Ancora di più degli emergenti”, spiega Simon Dorricott, analista di Morningstar. Il provider di indici Msci attualmente ne identifica 29 (utili ai fini di un investimento): Argentina, Bahrain, Bangladesh, Burkina Faso, Benin, Costa d’Avorio, Croazia, Estonia, Guinea-Bissau, Giordania, Kenya, Kuwait, Libano, Lituania, Kazakhstan, Mauritius, Mali, Marocco, Niger, Nigeria, Oman, Romania, Serbia, Senegal, Slovenia, Sri Lanka, Togo, Tunisia e Vietnam. “Il problema è che ogni società o fornitore di indici ha un’idea diversa di quello che può essere considerato un mercato di frontiera”, spiega Dorricott.

Anche in questo caso, come quando si parla di emerging, mettere tutti i paesi di frontiera in un unico calderone può portare a un’eccessiva generalizzazione. I paesi del Medio oriente e l’Argentina, per esempio possono essere accumunati dal fatto di essere regioni che dipendono in larga misura dalle commodity e, stando alle definizioni della World Bank quando parla di frontiera, da livelli molto bassi di reddito procapite. “Per il resto sono molto diversi, dal punto di vista culturale, sociale ed economico”, spiega l’analista. Proprio l’Argentina ha giugno ha fallito il salto che avrebbe potuto portarla dall’indice Msci dedicato alla frontiera a quello riservato agli emerging. “Anche se il mercato azionario argentino rispetta molti dei criteri di accessibilità dei mercati emerging, resta da capire se i miglioramenti visti in questi mesi siano irreversibili”, ha spiegato Msci in un comunicato.

I problemi dei frontier
Quello della composizione degli indici è solo uno dei problemi con cui si ha a che fare quando si parla di mercati non ancora emerging. “La mancanza di trasparenza e la scarsità di informazioni disponibili agli investitori possono portare a una grande divergenza fra il valore di una società e le prospettive di crescita del suo titolo”, spiega l’analista. Questo, potenzialmente, dà grandi possibilità di rendimento ma, allo stesso tempo, porta anche a grossi rischi di perdite. Non è da sottovalutare nemmeno l’aspetto socio-politico. “Molte regioni sono alle prese con forti battaglie sociali o sono addirittura in guerra”, dice Dorricott. “Per tutte queste ragioni i mercati di frontiera devono far parte solo di un portafoglio ben diversificato. E anche all’interno del segmento frontier è bene muoversi sia su diversi settori che in differenti paesi”.

Nella categoria Morningstar dedicata ai mercati di frontiera gli strumenti per il retail italiano sono 13. L’unico che ha un Analyst rating (Neutral) è Templeton Frontier Markets N(acc)EUR. “Il fondo adotta gli stessi processi di investimento che vengono utilizzati per i comparti Templeton dedicati agli emergenti”, spiega Germaine Share, fund analyst di Morningstar in un report del 21 novembre 2016. “L’obiettivo è identificare i titoli che trattano a sconto rispetto al loro valore intrinseco. Elementi quantitativi e qualitativi come il rapporto fra prezzo e valore di libro e la liquidità sono utilizzati per arrivare a un universo di circa 5.500 titoli di frontiera”. In termini di Morningstar star rating, l’unico fondo a 5 stelle della categoria è Evli Emerging Frontier B

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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