L’auto elettrica si fa strada in portafoglio

Le legislazioni più stringenti in materia ambientale e i miglioramenti tecnologici renderanno i veicoli a trazione alternativa sempre più diffusi. La rivoluzione non riguarderà solo i costruttori. 

Marco Caprotti 29/11/2016 | 10:52
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I veicoli elettrici sono pronti per la sfida con le auto tradizionali. Non solo in termini di impatto ambientale e di prestazioni su strada, ma anche di rendimenti. La gara non è facile e ogni scuderia ha i suoi supporter. “I fan dei motori a scoppio dicono che quelli elettrici, a causa degli alti costi, non decolleranno e citano a sostegno della loro tesi il fatto che, nonostante la pubblicità, questo segmento nel 2015 contava ancora per meno dell’1% delle vendite globali di veicoli”, spiega l’Electric Vehicle Observer di novembre 2016 di Morningstar firmato dagli analisti David Wang e Seth Goldstein. “Poi ci sono quelli secondo cui l’uso dei motori elettrici crescerà del 2-3% entro il 2020 e del 4-5% fino al 2025 di pari passo con le normative che richiederanno una migliore efficienza nei consumi. Anche secondo noi la parte regolamentare giocherà un ruolo determinante, ma ci attendiamo che l’adozione di propulsori elettrici sarà maggiore rispetto al consensus, grazie ai miglioramenti tecnologici che, nel frattempo, interverranno”. Secondo le stime di Morningstar il tasso di penetrazione dei veicoli a trazione elettrica raggiungerà, fra nove anni, il 10%. In altre parole, le vendite passeranno da 0,33 milioni del 2015 a 11 milioni. Entro il 2045 il parco circolante in Europa (dove il mercato si sta muovendo più velocemente) e negli Usa (dove le cose vanno più a rilento) potrebbe essere composto, al 75%, da veicoli elettrici.

SVILUPPO DEGLI EV NEL LUNGO PERIODO (in rapporto alle vendite globali auto)

penetration

 

“Gli standard di efficienza nei consumi si stanno alzando in diverse zone del mondo, anche grazie allo sforzo dei governi per limitare le emissioni di gas serra”, spiega il report. “Il primo passo – quello meno costoso dal punto di vista dei costruttori auto - sarà quello di migliorare i motori tradizionali a combustione interna. Funzionerà nel brevissimo periodo, ma non sarà sufficiente per rispondere alle normative stringenti che, probabilmente, saranno in campo già fra tre anni”.

Più chilometri
Ma la sfida fra i due sistemi di propulsione si gioca anche sul campo delle prestazioni. I detrattori della trazione elettrica citano, fra i punti di svantaggio di questo tipo di motori la scarsità di chilometri percorsi (mediamente poco più di 160, contro i 650 dei motori a combustione), anche a fronte dei tempi lunghi per ricaricare le batterie (40 minuti contro i cinque minuti per fare un pieno alla pompa). “La questione delle prestazioni è più una questione di percezione che non di realtà”, dicono i due analisti. “Mediamente, chi usa un’auto fa meno di 160 chilometri in un giorno. In ogni caso, i miglioramenti tecnologici entro il 2025 porteranno l’autonomia delle batterie a raddoppiare i chilometri che si possono percorrere espandendo, contemporaneamente, le potenzialità di mercato dei veicoli elettrici”. E nei casi di viaggi a lunga distanza? “Nei paesi sviluppati le famiglie hanno, in media due auto”, dice lo studio. “Una potrebbe essere elettrica (o ibrida) per l’uso in città e l’altra a motore tradizionale. Per quanto riguarda i tempi, di ricarica, si stanno assottigliando sempre di più”.

I settori alla guida
Dal punto di vista operativo, la questione interessa le aziende di diversi settori. “Il gruppo principale dove guardare è quello industriale, nello specifico i produttori di auto. Ormai tutte le case più importanti hanno in corso, a diversi stadi, la sperimentazione dei veicoli elettrici”, dice l’Observer. “Un altro segmento in cui cercare è quello dei materiali di base: elementi come il litio e il platino sono essenziali per le batterie e i sistemi di controllo delle emissioni. Non vanno dimenticate le società hi-tech che studiano e producono i sistemi di controllo che permetteranno a questi tipi di veicoli di funzionare. Delle distinzioni, tuttavia, sono d’obbligo. Il primo settore è quello dove è più difficile trovare delle aziende che abbiano un vantaggio competitivo (Economic moat) mentre negli altri due comparti la il quadro è più concorrenziale”. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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