Iran, le promesse di una ex canaglia

L’eliminazione delle sanzioni che hanno bloccato il paese per decenni apre nuove possibilità di investimento a chi è interessato a un paese di frontiera in cui si possono sviluppare industria e turismo. Ma è meglio muoversi con cautela e usare i fondi. 

Marco Caprotti 10/02/2016 | 10:35
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L’Iran stende i tappeti davanti al mercato. La rimozione delle sanzioni economiche internazionali nei confronti del paese effettuata a metà gennaio, dicono diversi studi, apre nuove opportunità di business per le aziende estere e gli operatori finanziari internazionali interessati a un paese di frontiera con una classe media in crescita e che può diventare una importante meta turistica. La fase di distensione politica, infatti, permetterà al paese mediorientale (che fino a poco tempo fa veniva considerato uno stato canaglia), oltre che di sfruttare a pieno regime le sue riserve di petrolio, anche di riprendere in mano asset fino ad ora congelati e che, a seconda delle stime, potrebbero andare dai 30 ai 10 miliardi di dollari.  

Le sanzioni erano state decise dalla comunità internazionale (su pressione degli Usa) dopo la Rivoluzione islamica del 1979 che aveva spodestato il regime degli Scià ed erano diventate sempre più rigide mano a mano che il paese andava avanti con il suo programma nucleare. La svolta è arrivata ad aprile dell’anno scorso, quando Teheran ha deciso di venire incontro alle richieste delle Nazioni unite e dell’Agenzia atomica internazionale di smantellare i macchinari per l’arricchimento dell’uranio.

Ma il paese resta un osservato speciale. I termini dell’accordo scattato a inizio anno (chiamato Iran Deal) dicono che, se Teheran non manterrà fede anche a uno solo degli impegni presi, gli Stati Uniti potranno decidere di riavviare le sanzioni e nessun membro del Consiglio di sicurezza dell’Onu, inclusi Russia e Cina (storici alleati del paese arabo), potrà opporsi.

Auto e turismo
Ma quali sono i settori che potrebbero essere interessanti per un investitore straniero, finanziario o industriale che sia, al di là del petrolio? Secondo uno studio della Virginia Tech University, un segmento promettente è quello dell’auto. Quando le cose andavano bene il paese mediorientale produceva circa 1,6 milioni di vetture all’anno. Oggi ne sforna 1 milione e impiega altrettanti addetti. Secondo diverse fonti, con i partner giusti sarebbe in grado di tornare ai fasti di un tempo. Una mano potrebbe arrivare da Daimler (rating 4 stelle) che ha già annunciato di voler investire in Iran per costruire auto e camion. Sul fronte aerospace, fra i più attivi negoziatori per ottenere contratti e commesse ci sono i costruttori aerei Airbus (3 stelle) e Boeing (4 stelle). Non a caso visto che, probabilmente, ci sarà bisogno di aerei per trasportare tutti i viaggiatori che sembrano aver riscoperto il fascino della Persia. Secondo dati del Ministero del turismo iraniano, da quando nel 2013 il presidente Hassan Rouhani è stato eletto i viaggi di piacere dall’Europa sono aumentati del 240%. Soltanto questa estate, il paese è stato visitato da circa 1,49 milioni di persone, un numero superiore a quello degli iraniani che si sono recati all’estero (1,4 milioni). 

Meglio la via lunga
Per un risparmiatore, il modo migliore per sfruttare il risveglio dell’economia iraniana è agire in maniera indiretta, attraverso i fondi di investimento che hanno in portafoglio una buona quota di titoli dei settori e delle aziende che potrebbero lavorare nel paese. L’auto, ad esempio, secondo le elaborazioni Morningstar è molto presente nei portafogli azionari dedicati alla Germania (che hanno l’11,6% del portafoglio in marchi delle quattroruote) e in quelli dell’equity del Giappone (10,9%). Due paesi le cui delegazioni sono molto attive a Teheran. Per quanto riguarda le società che possono sfruttare i segmenti di business legati al turismo e alla sua espansione, si trovano (con quote superiori al 4%) soprattutto nelle diverse categorie Morningstar dedicate al Regno Unito.

I rischi
Fare profitti in Iran, tuttavia, non sarà cosa facile. Secondo un report della Wharton School of Economics, ad esempio, non si può analizzare la situazione iraniana come si farebbe con quella di un altro paese emergente o di frontiera. “Il 20% del Pil è controllato da un organismo religioso strutturato”, spiega il report, riferendosi a un’economia controllata dallo stato sia direttamente che attraverso la Guardia Repubblicana. “Non è una situazione che si può normalizzare in poco tempo. Ci vorranno anni prima che il paese riesca a inserirsi appieno nel sistema economico globale”.

Un altro problema è il sistema bancario. L’Iran, come molti altri stati dipendenti dal petrolio, nel corso degli anni ha investito molto nel real estate. Ma molte di queste operazioni si sono dimostrate un fallimento e gli istituti di credito si sono ritrovati fra le mani asset tossici di cui non possono liberarsi. Durante la presidenza di Mashmoud Ahmadinejad (dal 2005 al 2013), inoltre, le banche sono state costrette a finanziare progetti statali in molti casi fallimentari. Insomma, difficilmente gli istituti iraniani saranno in grado di adempiere agli obblighi di adeguamento del capitale richiesti dalle normative di Basilea. “Questo, tuttavia, apre opportunità di business per quegli istituti stranieri che vogliano impiantare un business bancario ex novo”, spiega un report di Arjan Capital, una società di consulenza che aiuta gli investitori stranieri a fare affari in Iran. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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