Il beverage va sul lettino

Il desiderio di bere prodotti alcolici e marchi sempre più costosi, dice la psicologia, è un fenomeno sempre più diffuso. Per le aziende del settore, dicono gli analisti, significa aumentare la produzione e, contemporaneamente, diminuire i costi legati alle materie prime.  

Marco Caprotti 16/12/2014 | 15:20
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Un brutto termine inglese può fare bene ai bilanci dei produttori di alcolici. La cosiddetta Premiumisation (lo spostamento dei consumi verso i prodotti o i marchi più costosi), spiegano gli analisti, è un fenomeno che si sta registrando sempre più spesso nel segmento Alcoholic beverage. E, dicono gli operatori, è destinato a durare facendo aumentare le vendite e diminuire i costi delle società più importanti del settore.

“Nonostante le sue qualità difensive, il settore degli alcolici ha sempre avuto degli elementi in qualche modo legati ai cicli di mercato: quando le cose andavano bene aumentavano le vendite dei brand più costosi, mentre nelle fasi di recessione crescevano i consumi dei prodotti più cheap. Però si è sempre trattato di fenomeni temporanei”, spiega Philip Gorham, analista di Morningstar. “Ora, invece, si sta assistendo a un fenomeno di Premiumisation che secondo noi, dovrebbe durare a lungo”.

La Piramide di Maslow
Il ragionamento si basa su una teoria molto conosciuta in psicologia chiamata Piramide di Maslow (con cui si studia la gerarchia dei bisogni umani) secondo cui, in sostanza, le persone si muovono dalle motivazioni più “basse” (bisogni di base) alle più alte (autorealizzazione) anche attraverso l’’acquisto di beni più costosi. “Gli alcolici sono in grado di rispondere a entrambi questi bisogni”, dice Gorham. “Possono soddisfare il gusto – un bisogno di base - ma anche dare una immagine migliore della persone quando vengono consumati in determinati contesti sociali”.

Il discorso generale, tuttavia, va declinato a seconda delle caratteristiche (soprattutto economiche) dei mercati in cui i produttori operano. Secondo i dati elaborati da Morningstar (che ha utilizzato come fonti la Banca mondiale, l’Organizzazione mondiale della sanità e il Dipartimento degli affari sociali ed economici dell’Onu) in paesi come l’Africa e l’India, ad esempio, i consumi di bevande alcoliche sono ancora in una fase iniziale e le persone tendono a indirizzarsi verso i prodotti meno cari.

In aree come l’America latina e la Cina, invece, si registra uno spostamento dai prodotti di fascia bassa a quelli con target più alto. Un passaggio che indica come la Premiumisation sia legata, soprattutto, all’andamento del Pil e degli stipendi. In Europa occidentale e in Nord America lo spostamento riguarda soprattutto alcuni prodotti (ad esempio la birra).

Più vendite, meno costi
“Da questo quadro complessivo emergono alcuni elementi interessanti”, dice l’analista di Morningstar. “Il primo è che in molte regioni lo spostamento verso prodotti e marchi più costosi coincide con un aumento generale dei consumi di alcolici. Il secondo elemento deriva direttamente dal primo. Con la crescita della domanda diminuiscono le spese: una salita dell’1% delle vendite diminuisce le spese per le materie prime dell’1,1% e aggiunge dai 10 ai 16 punti base ai margini lordi”.

Dal punto di vista operativo, l’analista consiglia di tenere d’occhio le grandi società che hanno il portafoglio prodotti posizionato fra i livelli medio e premium e che hanno buone fette di mercato nei mercati in crescita. “Una delle opportunità più interessanti è Ambev”, dice Gorham. “Ha tutte le caratteristiche per approfittare della Premiumisation ed è un titolo che viene trattato con uno sconto del 20% rispetto al nostro fair value”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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