Spence (Nobel): Usa vulnerabili al rallentamento globale

L’economia europea rimarrà debole ancora per 3-5 anni. La corporate America non può più contare sui tagli dei costi per la crescita degli utili. In anteprima, presentiamo alcuni dei temi che saranno dibattuti alla Mic.

Sara Silano 06/11/2014 | 11:36
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“L’economia europea sarà caratterizzata ancora da un esteso periodo di bassa crescita e alta disoccupazione. Almeno per 3-5 anni”. A dirlo è Michael Spence, Premio Nobel nel 2001, in un’intervista esclusiva per Morningstar.it, nella quale anticipa alcuni dei temi che tratterà alla Investment conference dell’11 novembre. “Anche se le riforme essenziali sono state avviate in molti Paesi, ci vorrà del tempo perché producano dei frutti”, aggiunge. “Inoltre, la situazione del debito rimane critica”.

Una lunga lista di problemi
Se la congiuntura europea è malata, quella mondiale non è in salute, minacciata da un numero crescente di questioni geopolitiche e sociali, che generano instabilità. Per Spence, prese singolarmente non sono allarmanti ma, aggregate, non fanno dormire sonni tranquilli agli investitori. La lista è lunga: crisi russo-ucraina, le minacce dell’Isis, che ha proclamato la restaurazione del Califfato islamico a fine giugno e acuito il conflitto in Medio oriente, il virus Ebola, l’aumento dei rischi di violazione della sicurezza informatica, la scomparsa o caduta di aerei di linea. A ciò si aggiungono il deterioramento del rapporto tra gli Stati Uniti e la Cina (e tra quest’ultima e il resto dell’Asia) e la frammentazione dei commerci internazionali.

Venti contrari per gli Usa
Gli ultimi dati sul Prodotto interno lordo (Pil) Usa fanno impallidire l’Europa (+3,5% annualizzato nel terzo trimestre). Dunque, l’America è indenne dalle tensioni che interessano il resto del mondo? I punti di forza non mancano, a cominciare dalla sua dinamicità e dalle potenzialità delle nuove fonti energetiche, basate sul gas di scisto. Ma rimane vulnerabile. “Gli investimenti sono sotto il loro potenziale”, spiega Spence, “e ci sono disparità nella distribuzione dei redditi che stanno rallentando la ripresa dei consumi. Inoltre, il peso degli Usa sull’economia globale è in declino, il che aumenta l’esposizione ai venti contrari che soffiano soprattutto in Europa, ma anche in Asia”.

La divergenza tra mercati ed economia
Come si traduce tutto questo sui mercati azionari, combattuti tra il rallentamento di molte regioni del mondo e la crescita degli Stati Uniti? Gli occhi, in particolare, sono puntati su Wall Street e sugli utili societari della corporate America, sempre più sensibili ai dati macro dell’Europa e del Vecchio continente. “Le grandi multinazionali potrebbero essere penalizzate dai problemi che ci sono in varie parti del mondo e dall’apprezzamento del dollaro”, dice Spence. Ma hanno davanti a loro una sfida ancora più importante: trovare nuove fonti di crescita degli utili come l’innovazione e il miglior sfruttamento della capacità produttiva, dal momento che i benefici del taglio dei costi si sono ormai esauriti e non è possibile fare ulteriori riduzioni.

Negli ultimi mesi, i mercati sono diventati più volatili e le ragioni non vanno ricercate solo nelle tensioni geopolitiche, ma anche nella consapevolezza che c’è stata una divergenza tra i prezzi delle azioni e i fondamentali economici. “Forse le ultime settimane hanno segnato l’inizio di una correzione o comunque di un riequilibrio”, conclude il Premio Nobel.

Visita il sito della MIC per avere maggiori informazioni e iscriverti all’evento.
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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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