La BoJ non è più quella di una volta

Il piano di espansione monetaria della Banca centrale giapponese, dicono gli operatori, non risolvera i problemi di stagnazione dell'economia del Sol levante. Effetti positivi su azioni e bond ci saranno slo nel breve termine. 

Marco Caprotti 05/12/2013 | 12:06
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Punti chiave
-L’entusiasmo degli operatori per il Giappone sta passando.

-L’indebolimento dello yen non basterà a risolvere i problemi strutturali del paese.

-Nel breve azioni e bond potrebbero salire, ma poi arriverà la battuta d’arresto.

-Sul futuro del Sol levante e della sua moneta pesano anche considerazioni politiche.

Con il passare del tempo la politica economica del Giappone sembra trovare sempre meno estimatori. Certo, l’indice Msci dell’Arcipelago nell’ultimo mese (fino al 3 dicembre e calcolato in euro) ha guadagnato il 2,55% portando a +22,6% la performance da inizio anno.

A questo va aggiunto che l’economia del Sol levante ha continuato a recuperare nel terzo trimestre (anche se a un ritmo più blando), segnando il terzo risultato consecutivo positivo. Durante i mesi da luglio a settembre, la crescita è stata principalmente trainata dalla domanda interna, soprattutto da un aumento del 6,5% sul trimestre degli investimenti pubblici, anche grazie al piano di rilancio messo a punto dal primo ministro Shinzo Abe (Abenomic). E anche gli investimenti privati sono aumentati fino al 2,7% sui tre mesi precedenti.

Qualcosa non va
Il dito degli operatori è puntato soprattutto contro il piano di espansione monetaria lanciato dal governatore della Bank of Japan, Haruhiko Kuroda, il 4 aprile per indebolire lo yen e dare una mano alle esportazioni. Il tutto per portare l’inflazione al di sopra del 2% e mettere la parola fine alla deflazione.

“Nonostante le migliori intenzioni dell’Abenomics, riteniamo che la politica monetaria espansiva della banca centrale giapponese abbia prospettive di successo limitate nel lungo periodo”, spiega Andreas Utermann, responsabile degli investimenti di Allianz Global Investors. “Il solo indebolimento dello yen non risolverà i problemi più profondi legati a un’attività economica stagnante. Per eliminare la ruggine sono necessarie profonde riforme strutturali che riescano veramente a innescare una crescita economica sostenibile nel lungo periodo. È difficile che tali riforme vengano realizzate senza una crisi profonda, che finora il Giappone non ha ancora sperimentato”. Se gli sforzi messi in atto dalla Banca centrale giapponese non avranno successo, entro due anni il paese potrebbe subire una battuta d’arresto.

Un fuoco di paglia?
Dal punto di vista operativo ci sono però vantaggi immediati. “Gli investitori devono considerare che nel breve periodo la politica monetaria espansiva potrebbe indebolire ulteriormente lo yen, dando slancio al mercato azionario giapponese”, dice il responsabile investimenti di Allianz. “Anche le obbligazioni nipponiche potrebbero risultare avvantaggiate, data l’intenzione della Banca centrale di accollarsi la maggior parte del debito sovrano. Ma non appena la politica espansiva giapponese sarà ridimensionata, probabilmente lo yen tornerà a salire e i rendimenti obbligazionari diminuiranno, con effetti negativi sui prezzi azionari, giunti a livelli ottimisticamente elevati”.

L’aspetto politico
C’è poi la dimensione politica di tutta la vicenda. “Fino ad ora non c’è stata una gran voglia di abbassare ulteriormente il valore dello yen”, spiega uno studio firmato da Guy Bruten, economista di AllianceBernstein. “In parte perché il piano sta facendo il suo lavoro: i margini di profitto delle aziende salgono permettendo alla politica di fare pressione sulle aziende affinché aumentino i salari”. C’è però il rischio che la situazione si avviti: uno yen troppo debole rende costoso acquistare energia e può quindi lasciare meno soldi in tasca ai cittadini. “Il problema è che ora i margini di guadagno delle aziende stanno iniziando a diminuire e nel frattempo si parla di un riavvio degli impianti nucleari (chiusi dopo l’incidente di Fukushima seguito al terremoto del marzo 2011, Ndr). In una situazione del genere la politica potrebbe avere la tentazione di spingere per ulteriori deprezzamenti della moneta”. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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