Le banche vivono di speranze

L'indice del settore sale ancora. Si attende una ripresa globale. Intanto la crisi ha lasciato segni profondi sui bilanci degli istituti di credito. La Cina preoccupa, ma le trimestrali Usa regalano ottimismo. 

Marco Caprotti 17/07/2013 | 11:31
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Le speranze di ripresa mondiale continuano a sostenere i titoli bancari. Ma i fondamentali (e le valutazioni, soprattutto in Europa) invitano alla cautela. L’indice Msci del comparto finanziario nell’ultimo mese (fino al 16 luglio e calcolato in euro) ha guadagnato il 4,76% portando a + 15,17% la performance da inizio anno.

I costi della crisi
Il problema, spiegano gli analisti, è che, nonostante gli aiuti dei governi e degli istituti centrali, la tempesta finanziaria si è fatta sentire sui bilanci. Secondo uno studio di R&S-Mediobanca il costo diretto della crisi, guardando ai soli oneri straordinari, è stato per le banche europee pari a quasi 100 miliardi nel biennio 2011-2012. Su un costo totale di 100 miliardi, 78 miliardi sono da attribuirsi a svalutazioni (almeno 15 miliardi relativi al solo debito sovrano greco) e 21 miliardi alla voce litigation (risarcimenti, multe, indennizzi e altri accantonamenti prudenziali). L’onere è stato alleviato da cessioni e dismissioni pari a circa 45 miliardi. Negli Stati Uniti il costo è stato più contenuto: circa 47 miliardi di dollari, dei quali 32,5 miliardi relativi a contenziosi e litigation, 10,5 miliardi a svalutazioni e 4,3 miliardi ad altri oneri, mentre le dimissioni hanno portato plusvalenze attorno ai 22 miliardi di dollari.

Il debito bancario dei maggiori istituti europei è pari a oltre 15.400 miliardi di euro, e cioè 1,7 volte il debito pubblico degli stati dove hanno sede gli istituti. In Svizzera, continua il rapporto, il debito bancario (composto da depositi, obbligazioni e interbancario) è dieci volte quello dello stato (1.026%), visto che ognuno dei due maggiori istituti (Credito Svizzero e Ubs) singolarmente ne rappresentano il quintuplo (493% e 533%). Ogni cittadino svizzero, quindi, sopporta 145mila euro di debito bancario. Il multiplo, continua il rapporto, è pari a oltre tre volte nei Paesi Bassi, a 2,6 volte nel Regno Unito (69mila euro contro 27mila) e a due volte esatte in Francia (56mila euro contro 28mila). In Italia, si legge ancora, il debito bancario è pari al 59% di quello pubblico e pesa per 19mila euro su ogni cittadino. Più dei 17mila euro della Germania, dove i debiti bancari sono il 66% di quelli pubblici. In sintesi, scrive R&S-Mediobanca, in Europa gravano su ogni cittadino circa 43mila euro di debito bancario contro i 26mila di debito pubblico. Negli Stati Uniti, nel 2012 gravano su ogni cittadino 53mila dollari di debito pubblico contro i circa 22mila di debito bancario. In termini di attivi, continua il rapporto, le maggiori banche europee hanno attività aggregate che valgono nel 2012 circa 2,3 volte il Pil (Prodotto interno lordo) dei paesi in cui hanno sede, e cioè 69mila euro per ogni abitante europeo.

Ombre cinesi
Per quanto riguarda l’Asia, gli operatori tengono sotto controllo la Cina dove si continua fare i conti con le cosiddette banche ombra. Si tratta di istituti di credito non bancari che prestano somme di denaro sempre più ingenti ai diversi settori dell’economia e a enti governativi al di fuori dei normali circuiti: il rischio è che nel totale dei prestiti i non-performing loans (cioè i prestiti in default o vicini al default) incidano in maniera significativa. Proprio la crescita del settore bancario ombra cinese ha convinto l’agenzia di rating Fitch a declassare il debito a lunga scadenza in yuan da AA- ad A+ con outlook stabile da positivo. I nuovi prestiti in Cina hanno raggiunto nei primi quattro mesi del 2013 la somma di 3.500 miliardi di yuan, il 12,9% rispetto all’anno precedente, secondo i dati della Banca popolare. Il total social financing, indice di misurazione della liquidità nell’economia cinese, è salito a 7.900 miliardi di yuan nei primi quattro mesi dell’anno, in netto aumento rispetto ai 4.850 miliardi registrati nello stesso periodo dello scorso anno. La domanda di credito arriva soprattutto dagli enti locali e dal settore privato che hanno un accesso ristretto al credito. “Un tasso dell’1% di non-performing loans ha un valore poco significativo se il 36% del totale del credito è erogato al di fuori del sistema bancario”, dice il report di Fitch. Nonostante da alcuni mesi la Cina stia lavorando a rendere più trasparente il settore finanziario, nell’occhio del ciclone ci sono soprattutto i wealth management product, strumenti finanziari che offrono la sicurezza dei conti di deposito ma ritorni più alti, e alla cui regolamentazione sta lavorando la China Banking Regulatory Commission, autorithy del settore bancario cinese che a marzo scorso ha emesso nuove e più severe regole sull’emissione di questi prodotti finanziari che, in pochi anni, sono cresciuti da quasi zero a 7.100 miliardi di yuan (dato di fine 2012).

I big Usa crescono
Un po’ di sollievo per gli investitori sta arrivando dai risultati parziali delle grandi banche americane. Goldman Sachs, per esempio, ha chiuso il secondo trimestre con un utile netto di 1,93 miliardi, il doppio rispetto a quanto registrato nello stesso periodo del 2012 grazie ai robusti introiti provenienti dall'attività di investment banking. In particolare, l’utile per azione si è attestato a 3,7 dollari contro i 2,82 dollari previsti dagli analisti. I ricavi si sono invece posizionati a 8,61 miliardi (+13%): il giro d’affari legato all’investment banking è balzato del 32%. Secondo trimestre in crescita anche per Citigroup con l'utile netto che è balzato di quasi il 45% a 4,2 miliardi di dollari mentre i ricavi sono lievitati dell’11% a 20,5 miliardi. Le perdite sui crediti, inoltre, sono calate del 25% a 2,6 miliardi. La combinazione di questi fattori ha così portato a un netto miglioramento rispetto all’anno scorso, anche se ha pesato positivamente la posta straordinaria legata alla vendita del 10% in Akbank, senza cui i profitti netti sarebbero saliti del 26% a 3,9 miliardi. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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