Fee, tempo di cambiare bersaglio?

Chi accusa l’industria americana dei fondi di essere troppo cara, spara su un cadavere. Gli investitori a stelle e strisce scelgono quasi esclusivamente Etf e classi istituzionali dei fondi tradizionali.

John Rekenthaler 11/06/2013 | 10:20
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Recentemente The Wall Street Journal è tornato su un tema familiare con un articolo dal titolo: "Pagate troppo per la gestione degli investimenti". Il pezzo, scritto dall’economista americano Burton Malkiel, critica aspramente l’industria statunitense dei fondi comuni di investimento per le commissioni elevate che fanno pagare per la loro gestione attiva e l'incapacità  di trasferire le economie di scala agli investitori.

Vince il low-cost
Nel 1980 l’indicatore di spesa ponderato per gli asset era dello 0,66%; oggi è variato di poco (0,69%), nonostante il settore abbia accresciuto gli asset di più di 100 volte rispetto al 1980. E’ vero, anche se la struttura dei costi è cambiata, con quelli di ingresso che sono praticamente scomparsi, sostituiti da altre formule, gli indici di spesa restano comparabili. Il dibattito, però, appare superato. All'inizio del nuovo millennio, i flussi di investimento si dirigevano in maniera abbastanza indifferenziata tra fondi a basso costo, quelli con costi medi e quelli costosi. Per essere ancora più precisi, intorno al 2000 i comparti più esosi (Ter superiore all'1,5%) riscuotevano spesso più adesioni di quelli economici (Ter inferiore allo 0,5%).

Oggi la situazione si è capovolta, con le classi istituzionali e gli Exchange-traded fund (Etf) che convogliano la quasi totalità dei flussi (negli Stati Uniti, le classi istituzionali ora sono vendute al dettaglio e sono diventate la tipologia di azioni preferite dai piani pensionistici 401(k) e dai consulenti finanziari). Negli ultimi dodici mesi, i dieci fondi più venduti sono stati: cinque indicizzati, cinque istituzionali e zero appartenenti alle classi retail.

Non c'è nulla di sbagliato nel continuare a bastonare i fondi costosi, ma di fatto questo segmento dell’industria è praticamente morto.

Fuori bilancio
Detto ciò, nonostante la vittoria dei fondi low-cost, non è scontato che gli investitori paghino meno rispetto a 30 anni fa. Nella vendita di Etf e classi istituzionali, i consulenti finanziari hanno adottato un sistema basato sulle commissioni parametrate agli asset, che non appaiono nell’indicatore di spesa del fondo (Ter).

Il risultato non sempre è un minor costo. Per esempio, un fondo indicizzato può avere un Ter dello 0,2%, ma se la commissione pagata al consulente è dell'1% annuo, il costo totale diventa dell' 1,2% l'anno. Nel lungo termine, dunque, l’onere per l’investitore è maggiore.

Le prospettive globali
Se guardiamo fuori dagli Stati Uniti, la situazione è diversa perché la battaglia sui costi è appena cominciata. Secondo quanto emerge dal report Global fund investor experience, pubblicato recentemente da Morningstar, in molti paesi, i Ter sono circa il doppio del livello americano e in aggiunta non c’è una tendenza al ribasso.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

John Rekenthaler  is vice president of research for Morningstar.

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