Commodity, fra volatilità e rischi

Le materie prime danno la possibilità di seguire l’andamento della congiuntura mondiale. Ma vanno trattate con cautela.  

Marco Caprotti 21/01/2014 | 10:12
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Volatilità e dipendenza dal dollaro sono le due caratteristiche principali delle “commodity”. Con questo termine (o con materie prime), vengono indicati i materiali forniti dallo sfruttamento delle risorse naturali e destinati a successive lavorazioni per la produzione di beni. In base all’origine produttiva si distinguono materie prime agricole (legno, fibre naturali, oli vegetali ecc.) e minerarie (ferro, zinco, rame, piombo, zolfo, sale, carbone, petrolio, gas combustibile eccetera). A seconda degli usi che se ne fanno, vengono suddivise in alimentari e industriali. In base alla possibilità di rinnovamento della produzione si hanno le rinnovabili (prevalentemente di origine naturale e animale http://www.morningstar.it/it/news/112937/energia-pulita-il-futuro-%c3%a8-nel-sole.aspx) e non rinnovabili (come i minerali combustibili). Questi asset sono oggetto di importanti scambi commerciali tra i paesi ricchi di risorse naturali (spesso emergenti e di frontiera) e i paesi industrializzati (o in via di industrializzazione come la Cina) e determinano complessi rapporti di interdipendenza tra le economie mondiali.

Un segmento complesso
Il settore delle materie prime viene considerato uno dei più difficili in cui operare. Secondo alcune analisi, i guadagni degli investimenti con le materie prime delle maggiori 10 merchant bank mondiali nel primo semestre del 2013sono scesi del 25%, registrando la peggiore performance degli ultimi cinque anni. Nell’intero 2012 le banche d’affari hanno incassato con le commodity circa 6 miliardi di dollari, il 24% in meno rispetto all’anno precedente (ed è stato meno della metà rispetto al 2008, quando il prezzo del petrolio ha toccato il record storico).Un andamento che sta spingendo molte banche d’affari a considerare l’idea di mollare il segmento.Un altro motivo che potrebbe far decidere alle merchant bank di abbandonare la scena delle commodity è la possibile stretta regolamentare che, soprattutto negli Stati Uniti, renderà più difficile operare con le risorse naturali. A Washington sono sempre di più i politici che mettono in dubbio l’opportunità per le grandi banche di poter detenere materie prime fisiche. La Federal Reserve, da parte sua, ha annunciato che rimetterà in discussione il permesso dato una decina di anni fa alle banche di poter lavorare in questo business.

Il segmento delle materie prime una volta era appannaggio solo degli operatori professionisti. Da anni, tuttavia, esistono strumenti che permettono di fare trading sulle commodity anche ai privati.

Occhio alla congiuntura
Il fattore principale che gli operatori prendono in considerazione quando parlano di materie prime è il trend di sviluppo economico di una determinata area. Negli ultimi anni al centro dell’attenzione c’è la Cina che sta passando da un modello economico basato sulle esportazioni a uno poggiato più sui consumi interni. Un cambiamento che avrà un impatto significativo anche sul mercato mondiale delle commodity. Sino ad ora, il boom dell’economia cinese ha premiato i metalli legati all’industria pesante (rame e zinco). In futuro, invece, acquisiranno maggior peso le materie prime legate al consumo come il palladio, utilizzato per le marmitte catalitiche delle automobili, o quelle legate alla produzione di gioielli.

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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