Il paradosso delle pensioni d’oro

L’Inps ha pubblicato la top ten delle pensioni più cospicue. Si va dai 90 ai 40 mila euro al mese. Molti chiedono un giro di vite, ma il governo ha le mani legate.

Valerio Baselli 08/08/2013 | 23:39
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Le cosiddette pensioni d’oro, ovvero quelle che superano i 4.000 euro lordi al mese, sono circa 105 mila in Italia, e rappresentano una spesa per le casse pubbliche di quasi 13 miliardi all’anno. Il pensionato più ricco d’Italia prende 91 mila euro lordi al mese, il secondo ne prende 66 mila, il terzo 52 mila, mentre a chiudere la top ten c’è un assegno mensile di 41 mila euro (la classifica è anonima, anche se ufficiosamente i nomi sono noti; ad esempio, la palma d'oro andrebbe a Mauro Sentinelli, ex manager e ingegnere elettronico della Telecom). A comunicarlo è proprio l’Inps, in risposta a un’interrogazione ad hoc da parte della deputata Pdl Deborah Bergamini.

Gli intoccabili
A metterci su le mani ci aveva già provato il governo Monti, ma la Corte costituzionale ha bloccato tutto. Nel decreto Salva Italia del dicembre 2011, infatti, la riforma Fornero prevedeva un contributo di solidarietà da applicare alle pensioni che superavano i 90 mila euro lordi annuali (pari al 5% della parte eccedente l'importo fino a 150 mila euro; pari al 10% per la parte eccedente 150 mila euro; e al 15% per la parte eccedente 200 mila euro). La norma, però, è stata recentemente dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza 113/2013 e ha anche costretto l’Inps a restituire i contributi ricevuti fino a quel momento.

Molti chiedono a gran voce di trovare un modo per poter aggirare questo problema, per una questione di equità sociale e di risparmi per lo Stato (anche alla luce dei numeri non proprio rosei del bilancio dell’Inps). Ora, però, arriva anche l’ammissione da parte del ministro del Lavoro, Enrico Giovannini: le pensioni d’oro sono intoccabili, almeno per il momento. Il problema è che qualsiasi norma retroattiva, che colpisca cioè in qualche modo le pensioni già esistenti, potrebbe incorrere in “profili di incostituzionalità”, con buona pace di quasi 4 milioni di italiani che ricevono un assegno inferiore ai 1.000 euro. Certo, il problema è stato risolto con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, ma risulta evidente che il peso di questo cambiamento è totalmente sulle spalle dei futuri pensionati, specialmente dei giovani. 

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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