Il fan club di Monte Paschi ha pochi soci

Il titolo di Rocca Salimbeni da inizio anno ha guadagnato più del 18%. Nei portafogli dei gestori è poco presente. Anche prima dello scandalo dei derivati gli investitori avevano dei dubbi. 

Marco Caprotti 30/01/2013 | 16:03 Francesco Lavecchia
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Lo scandalo derivati non è stato un cattivo affare per chi ha in portafoglio i titoli del Monte dei Paschi di Siena. Almeno fino ad ora. Dai primi di gennaio (e fino al 29 del mese), infatti, il titolo della banca toscana ha guadagnato il 18,5% regalando qualche soddisfazione, ad esempio, ai fondi di investimento che hanno una parte degli attivi investiti in Rocca Salimbeni. Il merito è in parte della forte volatilità che ha interessato il titolo sin da quando si è sentito parlare delle operazioni sui derivati Santorini ed Alexandria, a cui sono seguiti strappi al rialzo quando, ad esempio, l’amministratore delegato del gruppo senese, Alessandro Profumo, ha ammesso di vedere con interesse l’ingresso di nuovi soci nel capitale dell’istituto di credito.

I gestori non amano Mps
C’è da dire che, guardando i numeri, i gestori italiani non sembrano amare particolarmente quella che viene definita “la banca più vecchia del mondo”. In base ai dati di Morningstar (aggiornati al 31 dicembre 2012) il più esposto è il fondo Lemanik Value Opportunities (Lemanik Asset Management) con un peso del 5,28% sul totale degli asset presenti in portafoglio. Il fondo Arcipelagos Sicav Global trading Funds (della stessa casa di gestione) ha titoli Mps per il 2,8% degli attivi totali. Tutti gli altri fondi esaminati, di cui alcuni non sono venduti in Italia, hanno percentuali che superano di poco lo 0% e che non arrivano al 3%.

Al di là dello scandalo derivati, ci sono altri motivi che hanno spinto gli investitori a non esagerare con gli acquisti su Mps. A dicembre, nel pieno del dibattito sulla concessione o meno degli aiuti del governo alla banca (i cosiddetti Monti Bond), l’agenzia di rating Standard&Poor’s, per esempio, ha tagliato il merito di credito di Rocca Salimbeni portandolo al livello di junk (spazzatura), dicendo che la posizione finanziaria dell’istituto rende improbabile un recupero di redditività. L’agenzia aveva sottolineato che la difficile situazione economica e lo scenario del mercato italiano renderanno più difficile per l’istituto portare avanti il piano industriale che dovrebbe rimettere in sesto la banca e renderla in grado di restituire il debito con lo stato.

I dubbi di Bankitalia…
In Italia, l’idea che qualcosa non tornasse nei bilanci di Rocca Salimbeni circolava da tempo. Secondo la documentazione realizzata dalla Banca d’Italia e pubblicata dal Corriere della Sera, già dal 2008 Palazzo Koch aveva iniziato a mettere nel mirino le operazioni dell’istituto senese, non sentendosi soddisfatta della documentazione presentata in occasione dell’acquisto di Antonveneta. Secondo il quotidiano milanese nel maggio del 2010 poi “gli ispettori di Bankitalia vanno a Siena per una prima verifica: emerge una forte incidenza di derivati su Btp a lungo termine che determinano tensioni sulla liquidità”. A ottobre 2010 Palazzo Koch intensifica i controlli su Rocca Salimbeni e nel settembre 2011 parte una seconda ispezione che “conferma la carenza organizzativa e l’inadeguatezza del management”. A novembre 2011 il “Direttorio convoca a Roma i massimi responsabili di Mps e della Fondazione e chiede loro di farsi da parte. Lascia il direttore generale Antonio Vigni al quale viene riconosciuto un bonus di 4 milioni di euro che Bankitalia considera ingiustificati”. Il resto è cronaca (anche giudiziaria) di questi giorni.

…e degli analisti
Il futuro dipenderà molto dall’indagine della Procura di Siena sui conti. Un’inchiesta, definita dal procuratore capo di Siena, Tito Salerno, “esplosiva” e nella quale ci si concentrerebbe ora su un gruppo ristretto di dirigenti, già ribattezzati “la banda del 5%” per via della percentuale che, indebitamente, avrebbero percepito su ogni operazione. Per chi vuol restare fuori dalle aule del tribunale forse possono valere i giudizi degli analisti che, da quando è scoppiato lo scandalo, si sono prodotti in una mitragliata di giudizi di sell, reduce e underweight accompagnati da target price sempre più bassi. Ancora nessuno, tuttavia, ha ancora eguagliato BofA Merrill Lynch che al rating underperform ha attaccato un obiettivo di prezzo a zero euro. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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