I 5 rischi del QE3

Il piano di stimolo economico Usa potrebbe rendere il mercato meno efficiente e più volatile. E far diventare più fragile la Fed. 

Marco Caprotti 03/10/2012 | 14:56
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Passata la sbornia di entusiasmo presa con il lancio del QE3 da parte della Federal Reserve per gli operatori è arrivato il momento di parlare dei rischi che il piano di rilancio dell’economia Usa porta con sé.

Dopo aver lasciato intendere di essere pronta a dare nuove spinte all’economia Usa, senza tuttavia precisare i tempi, la Fed è stata costretta ad intervenire da una serie di report negativi arrivati dal fronte dell’occupazione. L’istituto ha così annunciato che acquisterà asset legati ai mutui per 40 miliardi di dollari al mese fino al miglioramento della situazione occupazionale. La Fed proseguirà inoltre fino a fine anno l’operazione Twist, cioè l’allungamento della vita media del debito, e continuerà a reinvestire il maturato sui debiti in scadenza. Queste azioni, che insieme aumentano gli asset a lungo termine posseduti di circa 85 miliardi al mese fino a fine 2013, secondo l’istituto centrale dovrebbero esercitare pressione al ribasso sui tassi di interesse di lungo periodo, fornire sostegno al mercato dei mutui e, più in generale, rendere più accomodanti le condizioni dei mercati finanziari. La speranza, insomma, è che l’operazione abbassi ulteriormente i tassi sui prestiti immobiliari dando in questo modo una spinta al comparto del real estate. La Banca centrale ha anche confermato la politica del costo del denaro “quasi a zero” almeno fino alla metà del 2015.

I timori di Bernanke
Tutto questo però, comporta dei rischi per chi opera sui mercati finanziari. “Si tratta di pericoli che il presidente della Banca centrale ha sottolineato, ma di cui gli investitori non sembrano essersi accorti”, spiega Milton Ezrati, economista e strategist di Lord Abbet. Il primo pericolo riguarda la liquidità. La potenza di fuoco messa in campo dalla Fed, ha detto il suo numero uno, potrebbe spingere gli investitori a pensare che, in qualche modo l’istituto controlli il mercato. Ciò a sua volta potrebbe spingere gli investitori privati a ritirarsi, portandosi via una buona fetta di liquidità. “Questo, influendo sulle valutazioni dei titoli e sui rendimenti dei bond, renderebbe i mercati finanziari meno efficienti e, alla lunga, farebbe diventare vani gli sforzi della Fed”, dice Ezrati.

Un secondo aspetto riguarda la fiducia. Appesantire i bilanci della Fed, ha spiegato Bernanke, potrebbe portare i mercati a pensare che la Banca centrale in futuro avrà problemi ad aggiustare la politica monetaria. In particolare, sarebbe il pensiero degli investitori, potrebbe avere difficoltà a tornare indietro dalla politica dei tassi quasi a zero e, quindi, avrebbe difficoltà a controllare l’inflazione. Tutti elementi che inciderebbero sulle scelte strategiche degli operatori.  Il terzo elemento è rappresentato dalla stabilità. Il QE3 ha l’effetto di abbassare i rendimenti di lungo temine di asset come i Tbond e gli strumenti costruiti sui mutui. Questo potrebbe costringere gli investitori a una caccia allo yield che, parole di Bernanke, “rischia di essere imprudente” portando a perdite finanziarie e a una destabilizzazione dei mercati. Il numero uno della Fed ha comunque precisato che l’appetito per il rischio è un elemento positivo per i mercati, purché rimanga entro limiti ragionevoli.

Deficit e volatilità
Il quarto pericolo riguarda i bilanci dell’istituto centrale che, a causa del peso degli asset che si prende in carico, potrebbero registrare forti perdite che, peraltro, andrebbero ad aumentare il deficit statale. Bernanke ha cercato di rassicurare tutti dicendo che gli acquisti della Fed, tenendo bassi i rendimenti, alla fine diminuiranno la quota di denaro che dovrà essere sborsata al servizio del debito, a tutto vantaggio dei contribuenti e del budget federale. Resta il fatto che l’obiettivo principale dell’istituto Usa è sempre stato quello di spingere la crescita economica. Anche a discapito dei conti dello stato.

Esiste poi un quinto rischio, che Bernanke non ha espresso ma che è conosciuto da chi si occupa di finanza comportamentale: è legato ai metodi di comunicazione della Fed e potrebbe portare a una forte volatilità. “Si è radicata l’abitudine di fornire stime sull’andamento a lungo termine dei tassi. Questo porta gli investitori a posizionarsi di conseguenza”, dice Ezrati. “E’ vero che questa volta la Fed ha detto che molto dipenderà dallo sviluppo della situazione economica e finanziaria. Gli investitori, tuttavia, non fanno caso a queste precisazioni e contano sulla capacità di analisi della Fed e sulla sua abilità di creare le condizioni che soddisfino le sue attese. Finché le cose andranno come la Banca centrale si aspetta, non ci saranno problemi. Ma, se un evento imprevisto dovesse costringere la Federal Reserve a cambiare strategia, allora gli investitori dovrebbero mutare i loro piani con effetti pesanti sulla stabilità dei mercati e sulla volatilità”. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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