L'Asia non riesce a viaggiare da sola

La regione continua a dipendere dall'andamento della congiuntura delle altre macroregioni e dallo stato di forma della Cina.

Marco Caprotti 26/03/2012 | 14:18
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L’Asia dimostra ancora una volta la sua dipendenza dagli umori dell’andamento economico internazionale e dallo stato di forma della Cina. Il paniere Msci della regione (Giappone escluso), da inizio anno (e calcolato in euro), è riuscito a guadagnare il 10,9%, grazie alla forza della ripresa economica Usa, al rilassamento delle pressioni sulla crisi del debito nell’eurozona, al taglio dei requisiti di riserva in Cina e alla possibilità di ulteriori allentamenti monetari. Nell’ultimo mese, tuttavia, il listino ha iniziato a segnare il passo (-1,17% fino al 23 marzo).

La Cina rallenta
Nelle ultime settimane, infatti, lo scenario è un po’ cambiato. Il premier cinese Wen Jiabao ha fissato al 7,5% l’obiettivo per la crescita economica del Paese nel 2012 (in calo rispetto al 9,2% dello scorso anno), anche se si è impegnato a contenere al 4% il tasso di inflazione. E’ la prima volta in cinque anni che le autorità cinesi si prefiggono una crescita inferiore all’8%. Quest’anno la Cina inizia a risentire della crisi che ha colpito l’Europa, nonché della crescita lenta del Pil americano (confermata dagli ultimi dati del comparto immobiliare).

Del resto l’economia della Repubblica Popolare si basa soprattutto sulle esportazioni. Si faranno sentire, comunque, anche alcune riforme realizzate dal governo, come quella restrittiva applicata al settore immobiliare e finalizzata a riportare a livelli più ragionevoli il prezzo delle abitazioni. La produzione industriale della Cina nel mese di gennaio-febbraio ha fatto registrare un incremento dell’11,4% su base annua contro la precedente stima che evidenziava un balzo in avanti del 12,8%.

Occhi sull’inflazione
Secondo alcuni analisti il rallentamento della produzione industriale, unito anche al calo dell’inflazione, potrebbe spingere la Banca popolare cinese a rivedere la sua politica monetaria. Gli operatori, infatti, ritengono probabile che l’istituto centrale decida di allentare la sua politica economica per favorire la ripresa del gigante asiatico.

Il controllo dei prezzi al consumo, del resto, per il mercato è fondamentale per dare gas alla regione. Secondo l’ultimo sondaggio condotto da Morningstar, intanto, l’area asiatica, (con la Cina in testa), si sta lasciando alle spalle il pericolo di una fiammata fuori controllo dell’inflazione, che aveva dominato nel corso del 2011. Le Banche centrali hanno, dunque, più ampi spazi di manovra nel caso l’economia dovesse rallentare eccessivamente. In questo contesto, il 65% dei gestori prevede un aumento delle quotazioni azionarie a fronte di un 10% di pessimisti (per un approfondimento, clicca qui). Un sondaggio simile condotto da Credit Suisse mostra che il 51% degli intervistati crede in una crescita dell’azionario asiatico di almeno il 10% rispetto ai livelli attuali. La situazione in Europa, comunque, continuerà a rappresentare il rischio maggiore per l’area in via di sviluppo.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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