L'Europa azzoppa il Sudamerica

La crisi del Vecchio continente, dicono gli operatori, rischia di rallentare la crescita delle zona emergente.

Marco Caprotti 23/02/2012 | 09:28
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Dopo un inizio scoppiettante, il 2012 dell’America latina potrebbe appannarsi. Nell’ultimo mese (fino al 21 febbraio) l’indice Msci della regione ha guadagnato il 3,4%, portando a +15,1% la performance da inizio anno. Un andamento che potrebbe promettere di far dimenticare il 19,3% perso nel 2011, se non ci fossero all’orizzonte le minacce poste dalla crisi del debito del Vecchio continente.

“Se le condizioni in Europa si dovessero deteriorare rapidamente, il Sudamerica rivelerebbe dei punti deboli che fino ad ora sono rimasti nascosti”, spiega uno studio della Banca mondiale. “I paesi della regione avrebbero bisogno di trovare nuovi sistemi di crescita e affrontare problemi strutturali che ne condizionerebbero negativamente la competitività”. Secondo l’istituzione finanziaria il Pil dell’area quest’anno segnerà un +3,6% contro il +4,2% fatto segnare nel 2011. Colpa, aggiunge, dell’indebolimento della spesa privata e delle esportazioni.

Banche a rischio
Il problema della zona Latam è che il settore bancario è controllato in buona parte da istituti europei. Secondo uno studio del Fondo monetario internazionale (Fmi) un quarto degli asset bancari nei maggiori paesi latinoamericani è controllato da istituti del Vecchio continente. “Queste banche potrebbero decidere di vendere una parte delle loro controllate”, dice lo studio della World Bank. “Una strategia che avrebbe implicazioni negative sui titoli finanziari e sulla loro capacità di mantenere requisiti patrimoniali adeguati. Questo a sua volta potrebbe portare alla chiusura dei rubinetti del credito anche da parte delle realtà più sane”. Le stesse paure sono condivise anche dall’Fmi secondo cui, se alla situazione bancaria si aggiungesse un calo dei prezzi delle commodity (che rappresentano più del 50% delle fonti di reddito della regione), si creerebbe un “mix tossico per la crescita e la stabilità”.

Attenzione alle commodity
La preoccupazione sulle sorti delle materie prime sono tutt’altro che peregrine alla luce dei cali registrati nel 2011 e che potrebbero ripetersi nel 2012 se il Vecchio continente non farà in fretta a uscire dalla fase recessiva che tutti ormai danno per scontata. L’elemento positivo, sempre secondo il Fondo, è che molti stati latinoamericani durante la crisi del 2008-2009 hanno imparato come difendere la loro liquidità. “La maggior parte degli istituti sono solidi, sono credibili e hanno riserve adeguate” dicono dall’Fmi. “La sfida sarà quella di mantenere queste caratteristiche”. A minacciare l’America del sud, comunque, non è solo l’Europa.

Secondo uno studio di Standard&Poor’s le aziende latinoamericane quest’anno registreranno una crescita dei guadagni modesta per colpa del rallentamento della Cina (la prima consumatrice mondiale di risorse naturali).

Le scelte operative
Dal punto di vista operativo, intanto, gli analisti consigliano un approccio geografico diversificato. “Il Brasile è il nostro mercato preferito in America latina, grazie alle valutazioni interessanti, ai tassi di interesse in discesa e ai forti consumi interni”, spiega uno studio di Credit Suisse. “Ci attendiamo un andamento deludente da parte del Messico a causa dei prezzi alti e delle sue caratteristiche difensive. Il Cile resta il porto sicuro della regione ma, anche in questo caso, le valutazioni alte ne limitano il potenziale di apprezzamento. La Colombia potrebbe essere un tema di investimento interessante nel lungo termine. Ma nel breve potrebbe essere penalizzata dalla crescita del costo del denaro e dalle valutazioni a premio dei suoi asset”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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