La ripresa globale passa dalle commodity

Gli operatori acquistano materie prime spinti dalla convinzione che la congiuntura mondiale ripartirà grazie agli Usa e nonostante l'Europa.

Marco Caprotti 21/02/2012 | 14:21
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La ripresa economica globale è nell’aria. Questo, almeno, è quello che pensano gli investitori che stanno comprando commodity. L’indice S&P delle materie prime nell’ultimo mese (fino al 20 febbraio e calcolato in euro) ha guadagnato l’1,24%.

A spingere gli acquisti è stata la convinzione che l’Europa e le istituzioni finanziarie internazionali non potranno fare altro che salvare la Grecia dal default (evitando l’effetto contagio al resto della regione). Hanno contribuito anche i numeri macroeconomici confortanti che stanno comunicando gli Stati Uniti. Il tutto condito dalla considerazione che le riserve di risorse come la soia o il rame sono ormai agli sgoccioli. Nei giorni scorsi, ad esempio, la richiesta di argento è salita per la settima settimana di seguito, segnando così la corsa più lunga degli ultimi tre anni.

Il mercato spera nell’Europa e negli Usa
Resta da vedere se le speranze degli operatori sono ben riposte. L’accordo appena raggiunto fra i ministri finanziari dell’area euro per dare il via libera al prestito da 130 miliardi ad Atene e il taglio del 53,5% ai debiti ellenici in possesso delle banche internazionali non sembra aver pienamente soddisfatto il mercato. Gli investitori, infatti, hanno subito iniziato a chiedersi se questo sarà sufficiente per evitare che la Grecia vada a gambe all’aria. E’ un fatto comunque che, dopo l’annuncio del raggiunto accordo i future sul petrolio trattati a New York (scadenza marzo) abbiano registrato un balzo superiore al 2% arrivando a 105,44 dollari. In generale, i prezzi del barile nell’ultimo anno sono aumentati del 12%.

Se il Vecchio continente presenta ancora delle incognite, comunque, a rasserenare gli animi ci pensano gli Stati Uniti. Gli ultimi dati sul mercato del lavoro dicono che la richiesta di sussidi di disoccupazione ha raggiunto i minimi degli ultimi quattro anni, mentre la produzione manifatturiera nell’area di Philadelphia (che rappresenta un buon indicatore per il resto della nazione) ha toccato i massimi degli ultimi quattro mesi.

Questo scenario deve fare anche i conti con la crescita della domanda. Secondo uno studio di Barclays Capital l’offerta quest’anno non riuscirà a soddisfare la richiesta di rame e di palladio. Per gli analisti di Rabobank lo stesso problema si avrà anche per la soia, il cacao e il caffè.

La Cina brilla più dell’India
Un discorso a parte merita l’oro che in questi giorni viene trattato vicino a 1.740 dollari l’oncia (il record è stata quota 1,921.15 toccata a settembre). Secondo gli operatori è sulla strada buona per segnare il dodicesimo anno consecutivo di crescita grazie alle sue caratteristiche di bene rifugio e di scudo contro l’inflazione. Questa corsa, tuttavia, sta cambiando il mercato. Il costante aumento del valore, infatti, sta frenando le richieste da parte dell’India, che nel 2012 potrebbero calare del 7% rispetto alle 969 tonnellate segnate l’anno scorso (dati del World Gold Council). Se la previsione fosse confermata, il maggior importatore di metallo giallo diventerebbe la Cina. Questa tendenza, peraltro, sembra già cominciata. Le richieste indiane di oro nel quarto trimestre dell’anno scorso sono calate del 44% rispetto allo stesso periodo del 2010.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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