Senza certezze il bond soffre

La situazione Greca e l'atteggiamento dei politici rendono difficile investire nei titoli debito. S&P e Moody's complicano le cose.

Marco Caprotti 20/02/2012 | 15:55
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In una situazione congiunturale incerta sul fronte del debito governativo e con i segnali di ripresa lanciati dall’equity, gli investitori sembrano pronti ad abbandonare la scialuppa delle obbligazioni. Nell’ultimo mese (fino al 17 febbraio e calcolato in euro), l’indice BarCap di questo asset di investimento ha perso il 2,3%. “Agli investitori in bond non piace l’incertezza in cui stanno navigando i mercati”, spiega una nota di Dave Sekera, analista di Morningstar. “Il fattore di maggiore instabilità riguarda la Grecia. Ogni volta che viene promesso un elemento chiarificatore poi succede qualcosa che ingarbuglia ancora di più la situazione”. L’ultimo esempio in questo senso è arrivato dall’Eurogruppo che, nei giorni scorsi, ha annullato all’ultimo momento il meeting per discutere dell’ultimo piano di Austerity approvato da Atene che dovrebbe aprire le porte a un pacchetto di aiuti da 130 miliardi di euro. “Prima di ributtarsi sull’obbligazionario, gli operatori aspetteranno di avere un quadro più chiaro”, aggiunge Sekera.

S&P e Moody’s non danno tregua
A rendere più difficile la visione degli investitori è stata anche l’iperattività delle agenzie di rating, sempre molto criticate dagli investitori e dai politici ma ai cui rilievi, alla fine, i mercati non sono indifferenti. Standard&Poor’s è intervenuta sui rating delle banche italiane dopo il taglio del rating del debito sovrano del Belpaese del 13 gennaio. Il giudizio è BBB+ per Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Ubi Banca e Bnl. Mps è scesa a BBB da BBB+ e il Banco Popolare a BBB- da BBB. Outlook negativo per tutti.  La decisione dell’agenzia è dovuta ai rischi per la redditività e per la loro capacità di rifinanziare il debito sul mercato. S&P prevede una redditività debole delle banche italiane nei prossimi anni e ritiene “la vulnerabilità dell’Italia a rischi finanziari esterni” un fattore che può contribuire a determinare una significativa riduzione della capacità delle banche di rifinanziare il loro debito.

Qualche giorno dopo è stata la volta di Moody’s, che ha messo sotto revisione, per un possibile taglio, il rating di 114 banche - 24 delle quali italiane - di 16 Paesi europei segnalando la vulnerabilità degli istituti di credito alla crisi in atto del debito dell’Eurozona.

Nel mirino dell’agenzia statunitense sono finite praticamente tutte le maggiori banche europee: Barclays, BNP Paribas, Commerzbank, Credit Agricole, Deutsche Bank, HSBC, Ing group, Royal bank of Scotland, Santander, Société Générale e Unicredit. L’Italia ha il maggior numero di istituti il cui rating è stato messo sotto revisione (24), seguita da Spagna (21), Francia (10) e da Regno Unito (9). Più banche per ciascun Paese sono state interessate anche in Austria, Danimarca, Germania, Olanda, Portogallo, Slovenia e Svezia. Due banche in revisione per la Svizzera, mentre Belgio, Finlandia, Lussemburgo e Norvegia ne presentano una ciascuno. L’azione, ha spiegato l’agenzia di valutazione in una nota, “riflette, a differenti gradazioni, la pressione combinata derivante dal prolungato impatto della crisi dell’area euro (che rende l’ambiente operativo molto difficile per le banche), il deteriorarsi del credito sovrano nell’area euro e le sostanziali sfide che devono affrontare le banche con significative attività sul mercato dei capitali”.

Un quadro macro difficile
Gli analisti di Moody’s se la sono anche presa con gli stati: hanno tagliato il rating di Spagna e Portogallo e hanno minacciano la tripla A di Francia, Regno Unito ed Austria. L’agenzia statunitense ha anche abbassato il rating dell’Italia (portandolo da A2 ad A3) lasciando intravedere nuovi tagli se la situazione nell’Eurozona non migliorerà.

A preoccupare gli analisti sono le prospettive economiche in via di costante deterioramento. Secondo gli ultimi dati pubblicati da Eurostat, negativo è il dato del Pil dell’ultimo trimestre per Portogallo (-2,7%), Italia e Cipro (-0,5%). Lievemente positivo quello della Spagna (+0,3% contro +0,8% dei due trimestri precedenti) e della Francia (+1,4% contro +1,5% del trimestre precedente). Il Pil greco, intanto ha registrato un calo del 7% rispetto allo stesso periodo del 2010, segnando anche il record negativo all’interno dell’Ue. Il Pil di Eurolandia, invece, è aumentato dello 0,7% e quello della Ue-27 dello 0,9%. Rispetto al trimestre precedente, però, la ricchezza dell’area euro (Ue a 17) e quella della Ue a 27 sono scese entrambe dello 0,3%. La Francia invece ha incassato un segno positivo (+0,2%) per il suo Pil. Per quanto riguarda il 2011, l’area di Eurolandia (Ue a17) ha chiuso con un aumento del prodotto interno lordo dell’1,5%, mentre per la Ue a 27 l’incremento è stato dell’1,6%.

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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