I mercati rivedono un film del 2010

Come l'anno scorso i listini internazionali hanno iniziato una fasce discendente. Ma rispetto al passato i problemi sono meno gravi.

Marco Caprotti 09/06/2011 | 13:36
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I mercati mondiali si stanno incaricando di smentire quegli operatori che, a inizio anno, parlavano di ripresa globale. L’indice Msci World nell’ultimo mese (fino all’8 maggio e calcolato in euro) ha perso quasi il 5%, portando a -6,6% la performance da inizio gennaio. Il cambio di passo si è verificato a inizio maggio: gli asset più rischiosi, come ad esempio i mercati emergenti hanno fatto registrare le perdite maggiori; le commodity, dal petrolio all’argento hanno registrato pesanti flessioni mentre il dollaro ha corso contro tutte le principali valute; i rendimenti dei Tbond, nel frattempo, hanno iniziato a scendere.

Prese di profitto e crescita rallentata
Una parte di questi movimenti secondo gli analisti è da attribuire a fattori tecnici e ai normali cicli di mercato. Dopo sette mesi in cui le materie prime, l’equity e le valute hanno mostrato un ottimo stato di forma, alcuni investitori hanno pensato che fosse arrivato il momento di fare una pausa e intascare un po’ di profitti. A influire sull’andamento delle ultime settimane, tuttavia, sono stati anche alcuni dati macroeconomici non proprio brillanti. Negli Stati Uniti (da dove secondo l’opinione corrente deve iniziare la riscossa globale) i principali indicatori dell’attività economica hanno iniziato a non sorprendere più come avevano fatto nello stesso periodo del 2010 e all’inizio del 2011. Ad aprile quattro dei 10 principali indici che compongono il Conference Board (il termometro che misura lo stato di salute della prima economia Usa) hanno mostrato un rafforzamento. Si è trattato del dato peggiore da metà 2009. Uno scenario simile si è presentato nei Paesi più sviluppati dove si sono distinti in negativo soprattutto il Regno Unito e gli stati della cosiddetta Europa periferica. I programmi di austerità fiscale messi a punto dall’Inghilterra, dalla Grecia, dal Portogallo e dall’Irlanda non sono stati di nessuno aiuto alla crescita e ora lo scenario futuro viene definito incerto. In Giappone, intanto, l’allarme nucleare e i problemi energetici stanno ritardando l’attività di ricostruzione dopo il terremoto e lo tsunami dell’11 marzo.

Un copione già letto
Il risultato di tutta questa situazione è stato un rallentamento dei mercati azionari che ad alcuni osservatori ha ricordato quello verificatosi a metà del 2010 quando le Borse mondiali hanno avuto una discesa del 15% nel periodo da aprile ad agosto. Oggi come le allora le preoccupazioni sulla situazione debitoria della Grecia stanno tenendo banco sulle pagine dei giornali, così come il dubbio che la fine del piano di stimolo Usa all’economia nazionale possa lasciare l’America senza spinta sufficiente per crescere. Una situazione che la Federal Reserve ha ben presente. Nell’ultima uscita il suo presidente Ben Bernanke ha sottolineato che la politica monetaria accomodante non è riuscita a ridurre la disoccupazione, ancora sopra il 9%, e questa, insieme alla crescita dei prezzi, ha limitato la crescita dei consumi facendo mancare in questo modo la spinta sufficiente alla ripartenza dell’economia.  In sofferenza sono i settori maggiormente legati al ciclo congiunturale.

Con alcune differenze
Gli investitori si devono quindi preparare a una riedizione di quanto successo fra la primavera e l’estate dell’anno scorso? “Per ora ci sono elementi per sperare che il rallentamento attuale non sarà così severo come quello dell’anno scorso”, spiega uno studio firmato da Dirk Hofschire, vice presidente dall’analisi di mercato di Fidelity. “Le voci sulla ristrutturazione del debito greco, ad esempio, non hanno scatenato la stessa ondata di preoccupazione vista nel 2010. La situazione finanziaria degli Usa non è così disperata come si potrebbe pensare a prima vista, grazie alla sostanziale tenuta delle aziende che hanno continuato a trovare mezzi di finanziamento. E per quanto riguarda l’Europa periferica, la Spagna, ad esempio, non ha visto crescere il costo del prestito, anche se bisogna aggiungere che i rendimenti dei bond iberici stanno mandando segnali preoccupanti. La maggiore differenza fra oggi e allora, in ogni caso riguarda i mercati emergenti che stanno sperimentando forti pressioni inflazionistiche e l’aumento dei tassi di interesse”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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