2010, l’industria del risparmio invecchia

I fondi liquidati o fusi superano quelli aperti. Tra i debutti dominano le nuove strategie. La raccolta premia i prodotti esteri.

Sara Silano 23/12/2010 | 13:50
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La natalità dei fondi italiani è come quella della popolazione del Belpaese, ossia sempre più bassa. Nel 2010 sono stati lanciati 28 fondi (dati al 20 dicembre) contro 52 che sono stati fusi e uno liquidato. I deflussi dal “made in Italy” sono proseguiti, togliendo carburante a un’industria che sta scomparendo dagli occhi degli investitori, pur detenendo ancora un patrimonio cospicuo. L’ultimo anno è stato una conferma del fatto che la raccolta parla “straniero”. I comparti domiciliati in Italia sono 686 contro i 4.457 collocati (escluse le duplicazioni di classi).

Più chiusure che debutti
Nel complesso, nel 2010 hanno debuttato sul mercato italiano 238 nuovi prodotti, contro 468 che sono stati liquidati o fusi. Circa la metà dei fondi nati nell’anno non rientra nelle categorie tradizionali azionarie o obbligazionarie, ma in quelle a ritorno assoluto, flessibili, capitale protetto o strategie alternative. I rimanenti lanci sono di fondi specializzati sui bond globali, emergenti e high yield. C’è stata anche una rinascita dei bilanciati, spesso con metodi di gestione innovativi.

Newcits e fondi a formula
Due termini sono entrati nell’uso comune: Newcits e fondi a formula. I primi sfruttano la maggior flessibilità nella gestione del portafoglio, resa possibile dalla direttiva comunitaria Ucits III. Il confine che li separa dagli hedge fund è sottile, perché sono gestiti con strategie mutuate dall’industria degli alternativi, dai quali differiscono perché rientrano sotto il cappello dell’armonizzazione, che gli impone vincoli un po’ più stringenti. I secondi si pongono come obiettivo quello di riconoscere all’investitore la partecipazione alla performance realizzata da un certo strumento finanziario (uno o più indici di mercato) in un intervallo di tempo predefinito, secondo una formula matematica dichiarata nel prospetto informativo. La raccolta sembra aver premiato le nuove tipologie per le quali, però, si può fare ancora molta strada per aumentarne la comprensione da parte dei potenziali sottoscrittori.

Investitori cauti
Secondo le statistiche Morningstar, gli investitori hanno preferito stare in difesa nel 2010. I fondi che hanno ricevuto i maggiori flussi netti sono gli obbligazionari globali e quelli emergenti in valuta locale. Tra gli azionari, il podio è andato ai comparti specializzati sulle Borse dei Paesi in via di sviluppo e su quelle asiatiche, escluso il Giappone. I riscatti, invece, hanno colpito i comparti monetari e quelli sui bond a breve termine. Gli investitori hanno voltato le spalle anche a piazza Affari: la raccolta netta è stata negativa per 530 milioni di euro e questi fondi rappresentano lo 0,33% del patrimonio totale (tutti i dati sono al 30 novembre 2010). 

I flussi vanno all’estero
A livello societario, la casa di investimento che ha raccolto di più in Italia è Franklin Templeton, grazie soprattutto al fondo Global bond, seguita da Carmignac Gestion, in particolare con il comparto Patrimoine, e Pimco con il Total return bond (i flussi sono calcolati come la differenza dei patrimoni netti tra l’inizio dell’anno e il 30 novembre 2010, aggiustata per il rendimento di periodo). Per trovare un asset manager italiano, bisogna scendere all’undicesimo posto, dove si è collocata Mediolanum. I principali gruppi domestici per masse gestite, Pioneer Investments e Eurizon Capital, sono in fondo alla classifica con flussi netti stimati negativi rispettivamente per 4,8 e 3,4 miliardi di euro. In assoluto, i peggiori risultati spettano a JPMorgan e Ubs.

Industria ingessata
La fetta di torta delle società di gestione italiane è sempre più piccola nel Belpaese ed è praticamente inesistente in Europa, dove i big domestici sono considerati troppo grandi per essere una boutique e troppo piccoli per essere player globali. Nel corso dell’anno, Pioneer Investments è stata al centro dell’attenzione per l’intenzione della controllante Unicredit di cederla, pur mantenendo una partecipazione, e i candidati sembra siano rimasti in tre (Natixis, Amundi e Ameriprise). Ma l’operazione per ora non è giunta a un punto di svolta. Molto più attive sul fronte della ricerca di partner per raggiungere una massa critica sono state Prima Sgr e Anima Sgr, che hanno deciso di unire le forze con l’obiettivo di diventare il principale asset manager indipendente italiano. A parte queste eccezioni, l’industria rimane sostanzialmente ingessata e incapace di stare al passo con i cambiamenti.

Le società di gestione di diritto italiano si presentano all’appuntamento con la direttiva comunitaria Ucits IV, che deve essere recepita dai Paesi dell’Unione entro il 1° luglio 2011, svantaggiate. Infatti, se non cambierà la tassazione, che continua ad essere in capo ai fondi, saranno impossibili le fusioni tra un prodotto italiano ed uno estero e quindi la riduzione dei costi legati alle duplicazioni di gamma. Inoltre, le sgr saranno ancora più penalizzate dalla competizione in un mercato europeo maggiormente integrato. 

Alti tassi di risparmio
E’ un peccato che in un Paese dove il risparmio privato rimane alto, ci sia un’industria domestica sempre meno in grado di raccoglierlo. Eppure i dati parlano chiaro. Secondo l’indagine campionaria sulla ricchezza delle famiglie italiane nel 2009 di Bankitalia, il patrimonio netto delle famiglie: è di 8.600 miliardi di euro (+1,1% rispetto al 2008) e il 44,2% delle attività finanziarie italiane è in obbligazioni, azioni e fondi. Il peso dei titoli pubblici è sceso al 5,3%, mentre i depositi e i contanti rappresentano il 29,8%. Tuttavia, il 56% degli attivi del risparmio gestito è in mano a fondi di diritto estero, compresi quelli istituiti da gruppi italiani (dati Assogestioni al 30 settembre 2010).

Se c’è un desiderio che si può esprimere per il 2011 è che si trovi il modo per far sì che il risparmio torni ad essere tricolore, pur mantenendo l’apertura ai player esteri, che negli ultimi anni sono stati determinanti per far crescere e innovare il mercato.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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