Il futuro si tinge di verde

Le fonti di energia rinnovabili soffrono, ma rimangono il futuro. Intanto, la Cina si candida come nuovo paradiso per gli investitori "puliti".

Valerio Baselli 19/07/2010 | 11:40
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Il settore delle energie rinnovabili non sta vivendo il suo miglior momento. Dopo il boom del 2009, i prezzi di molte società “pulite” segnano i minimi storici. In Italia, il taglio deciso ai sussidi e la possibile eliminazione dei certificati verdi (per ora salvi), non aiutano a sollevare il mercato. L’incentivo italiano all’energia prodotta sfruttando i raggi del sole, oggi il più cospicuo al mondo dopo che quello tedesco e quello spagnolo si sono ridotti, verrà tagliato l’anno prossimo del 6% ogni quattro mesi per arrivare a fine 2011 con una sforbiciata complessiva del 18%. Discorso più complesso per i certificati verdi, i quali sembravano in un primo momento sull’orlo della cancellazione definitiva, poi ritirata. La manovra del governo ha infatti deciso che il Gestore servizi energetici (Gse) continuerà a ritirare quelli in eccedenza sul mercato ma già il prossimo anno la spesa dovrà essere inferiore del 30% rispetto a quella del 2010. I certificati verdi sono stati introdotti nel 1999 dal decreto di liberalizzazione del settore elettrico noto come Decreto Bersani; si tratta di certificati che corrispondono al permesso di emettere una certa quantità di emissioni di CO2, che possono essere venduti da chi utilizza energie rinnovabili a industrie che sono obbligate a produrre una quota di energia mediante fonti pulite ma non lo fanno autonomamente. Sono quindi una forma di incentivazione all’energia verde.

Il bicchiere mezzo pieno
“I tagli ai sussidi sono un percorso logico”, commenta Roberto Cominotto, gestore del fondo JB Energy Transition; “infatti, il costo degli impianti delle fonti di energia rinnovabile diminuisce nel corso del tempo”. I tagli, quindi, possono anche essere visti come un segnale positivo, il quale indica che le energie rinnovabii diventano più competitive in termini di costo. Molti investitori inquadrano i tagli annunciati nel contesto del deficit pubblico e del contenimento della spesa. “A mio parere è sbagliato”, prosegue Cominotto; “infatti, ad eccezione della Spagna e della Grecia, i sussidi solari sono finanziati attraverso un supplemento sulla bolletta mensile dell’elettricità e pertanto non sono collegati al budget del governo”.

“Gli aiuti che i governi destinano alle tecnologie meno competitive devono diminuire di anno in anno, e dovranno ad un certo punto sparire”, afferma Luciano Diana, gestore del Pictet Clean Energy Fund. “E’ una normale revisione che noi riteniamo necessaria e salutare”.

Le prospettive rimangono solide
“Le prospettive d’investimento nel settore delle energie rinnovabili rimangono forti, nonostante i problemi fiscali che quasi tutti i governi stanno attraversando”, continua Diana. L’importanza del settore è infatti legata a fattori di lunga durata come la domanda crescente di energia, il bisogno di sicurezza e di ridurre le emissioni inquinanti. Insomma, “il futuro dell’industria dipende da problemi strutturali e non ciclici, che torneranno d’attualità con la ripresa economica”.

Secondo Simon Webber, gestore del comparto SISF Global Climate Change, “il settore ha un futuro luminoso e le prospettive di crescita nel lungo periodo sono decisamente alte”, basta pensare che “negli ultimi 2-3 anni, i costi collegati ai pannelli solari sono scesi del 50%”.

Anche Cominotto si dichiara molto fiducioso: “gli analisti prevedono che i nuovi impianti cresceranno del 60% quest’anno e probabilmente la crescita sarà ancora più alta se non si verificheranno colli di bottiglia in alcune componenti”.

Cina, nuovo Eldorado verde?
Secondo l’ultimo rapporto di Ernest&Young, Renewable Energy Country Attractiveness Indices, la Cina è il Paese che attualmente investe più al mondo nel settore delle energie rinnovabili. Nonostante la (giusta) fama di grosso inquinatore, il gigante asiatico ha investito nel 2009 quasi il doppio rispetto agli Stati Uniti (34,6 miliardi di dollari) ed è oggi il Paese con la più alta capacità installata nell’energia eolica. “La Cina è il più grosso produttore di pannelli solari al mondo ed è molto sviluppata anche nel segmento delle vetture elettriche”, afferma Webber. “Ha fatto passi enormi”, commenta Diana, “anche se ad oggi la competizione interna è talmente forte da ridurre al minimo i ritorni sul capitale”.

Un aiuto dal disastro di BP
L’incidente nel Golfo del Messico, con la falla di British Petroleum ancora aperta, potrebbe avere ripercussioni sullo sviluppo delle energie rinnovabili. In particolare, giocano un ruolo fondamentale le aspettative sui prezzi futuri. Il disastro ecologico non ancora risolto ha portato ad una revisione al rialzo dei costi di estrazione del petrolio e questo potrebbe trasformarsi in prezzi più alti in futuro. Senza dimenticare l’aspetto politico. Negli ultimi due mesi, la nuove legislazione sull’energia pulita si è arenata negli Usa per la mancanza di sostegno politico in seno al Congresso. “La macchia nera”, commenta Cominotto, “potrebbe mettere sotto pressione i politici, spingendoli ad approvare una nuova legge o almeno qualche provvedimento”.

Si vince solo con lo stock picking
I rischi maggiori dell’investire nelle rinnovabili sono quelli titpici dei settori giovani. “È necessario identificare con anticipo le società con le tecnologie vincenti, in grado di crescere rapidamente”, afferma Diana. “Le ipotesi peggiori riguardano sicuramente il ritorno alla recessione e l’indebolimento dell’euro”, commenta Webber, ma essendo appunto un settore giovane, le opportunità sono molteplici e i tassi di crescita sono più alti rispetto all’economia generale.

*Questo articolo è stato pubblicato su TuttoFondi in data 17 luglio 2010

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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