In cerca della replica migliore

Alcuni Etf riproducono con titoli il paniere sottostante, altri con derivati. Pro e contro delle due strategie.

Valerio Baselli 19/04/2010 | 08:34
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“In ogni investimento, compresi gli Etf, è importante conoscere i propri obiettivi e gli eventuali rischi, in modo da scegliere la struttura migliore per il proprio strumento finanziario”. A dirlo è Danièle Tohmé-Adet, responsabile sviluppo prodotti di Easy Etf, intervistata da Morningstar a margine della IndexUniverse.eu's Inside ETFs Europe Conference tenutasi lo scorso 12-13 aprile ad Amsterdam.

Non esiste uno schema predefinito nella strutturazione di un prodotto. “Ogni emittente di Etf ha le proprie caratteristiche”, afferma Tohmé-Adet, “e la preferenza per una struttura piuttosto che per un’altra, dipende anche dal tipo di benchmark”. La replica fisica del portafoglio (ossia con gli stessi titoli che compongono l’indice di riferimento) presenta alcune problematiche, mentre l’utilizzo di swap ne presenta altre.

Quando si parla di Exchange traded fund, infatti, è bene tenere a mente che è un universo piuttosto variegato. Non solo per la natura del sottostante da replicare (azionaria, obbligazionaria, strutturata) ma anche per il modo con cui si replica. I primi Etf sono nati come replicanti di un determinato indice attraverso la semplice costruzione di un paniere identico a quello da seguire. Questo metodo, in particolare per indici corposi, presenta alcuni problemi pratici e può anche registrare un alto tracking error. In seguito sono nati gli Etf sintetici, o di seconda generazione, che comprano uno swap che garantisce l’esatta replica dell’indice. In questo modo si elimina il rischio di tracking error ma subentra quello di controparte, ovvero di fallimento dello swap-provider. L’ultima frontiera sono gli Etf di terza generazione, sempre basati su uno swap, ma che utilizzano molteplici swap-providers, in modo da mitigare il rischio di controparte e offrire costi più competitivi.

Tuttavia, non è detto che la terza generazione sia per forza migliore della prima. “Quello che noi facciamo è prima di tutto analizzare il tipo di benchmark da replicare”, commenta Danièle Tohmé-Adet, “e poi decidiamo quel è la maniera migliore per farlo. Se l’indice è composto da molti titoli, o ci sono problematiche connesse all’area geografica o alla valuta, oppure lo scopo è replicare una commodity, allora lo swap è sicuramente la soluzione migliore. Ci sono altri casi, invece, in cui è preferibile la replica fisica”. Gli aspetti da considerare sono comunque molteplici. “E’ importante anche il tipo di regolamentazione in cui si opera, senza dimenticare gli aspetti fiscali”.

Ci dovremo aspettare nuovi cambiamenti strutturali in futuro? “Il cambiamento ci sarà sia a livello di gestione passiva che di gestione attiva. Il mercato è molto concentrato ma l’importante è che la competizione porti ad un miglioramento generale dell’offerta e della domanda”.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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