“La crisi dei mercati, tuttavia, è stata utile. Ha permesso di fare un po’ di ordine nel comparto. Ci sono state banche più prudenti che hanno guadagnato quote di mercato, mentre quelle che avevano
preso più rischi hanno tremato ed alcune sono addirittura fallite”. In questo senso gli istituti finanziari dei Paesi emergenti, di solito considerati un asset volatile si sono dimostrate una sorpresa. “In molti casi hanno fatto meglio delle loro cugine dei mercati sviluppati”, continua Davis.
E’ andata decisamente peggio all’Inghilterra che fino a prima della crisi portava il proprio sistema bancario come un fiore all’occhiello. “La debole situazione congiunturale della Gran Bretagna sta zavorrando le maggiori banche del Paese”, dice lo studio di Morningstar. Il Pil inglese nel 2009 dovrebbe aver registrato una contrazione del 4,6%, con inevitabili ripercussioni sui bilanci degli istituti di Sua maestà. “Anche in questo caso comunque ci sono delle differenze”, precisa Davis. “Hsbc, ad esempio, dovrebbe avere una situazione migliore rispetto all’anno scorso, grazie soprattutto alla diversificazione geografica. Il fatto di avere importanti investimenti in Cina, le permetterà di comunicare numeri più floridi”.
Più complessa la situazione in Giappone. “I maggiori istituti nipponici stanno registrando un ritorno alla profittabilità, ma temiamo che presto inizieranno a commettere i soliti errori”, scrive Davis. “Nei mesi scorsi sono stati lodati per essersi tenuti lontani dai subprime e, in generale, dai prodotti rischiosi. Il perdurare della crisi, tuttavia, li ha spinte a chiedere sempre nuovi capitali al mercato attraverso emissioni obbligazionarie. E non siamo sicuri che una situazione del genere possa dare stabilità ai bilanci, soprattutto quando questi prestiti arriveranno a scadenza”.
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