Small cap, il rally è alla fine?

Per i gestori europei, le valutazioni non sono più a sconto, meglio le blue chip. Pochi, tuttavia, credono in un crollo. Non si spegne l’ottimismo sui mercati azionari, ma c’è incertezza su quale area geografica o settore potrà fare meglio. Lo yen è preferito all’euro e al dollaro.

Sara Silano 06/07/2006 | 14:39
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Le società a piccola capitalizzazione hanno nettamente sovraperformato le large cap sui principali mercati azionari mondiali negli ultimi cinque anni, ma esistono dubbi sulla sostenibilità del trend in futuro. A sostenerlo sono i gestori interpellati da Morningstar nell’European fund trends, il sondaggio condotto ogni mese tra le principali case di investimento del Vecchio continente. Preoccupa soprattutto l’inversione del gap valutativo tra blue chip e small cap.

Storicamente, queste ultime hanno quotato a sconto rispetto alle prime, in termini di rapporto tra prezzo e utili (price/earning), mentre oggi sono sopravvalutate. Si tratta di una situazione anomala che non tiene in dovuta considerazione il fatto che i titoli a minor capitalizzazione sono più volatili, per cui il premio

per il rischio dovrebbe essere maggiore.

Piccole e costose

Secondo il 46% dei fund manager, le società europee a piccola capitalizzazione sono sopravvalutate e un altro 6% crede che lo siano in modo molto significativo. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il giudizio è ancora più severo, con il 70% dei gestori convinto che le small cap siano diventate troppo costose. Sono considerate più ragionevoli le valutazioni in Giappone, dove il 43% degli intervistati le stima eque e il 13% è convinto ci siano ancora spazi di apprezzamento a differenza del Vecchio continente e del Nord America.

Le risposte trovano conferma nell’analisi del price/earning (p/e) all’interno delle categorie Morningstar. Gli Azionari Europa large blend (fondi che investono in blue chip, senza connotazione di stile value o growth) hanno un p/e stimato di 13,64 contro il 16,07 delle small cap. Analoghe disparità si riscontrano tra gli Azionari specializzati su Regno Unito, Nord America e Giappone. Se si considera che il grado di sottovalutazione è un pre-requisito per avere una solida crescita dei ritorni nel lungo termine, le società di piccole dimensioni appaiono relativamente poco attraenti sia in base ai multipli sia alle risposte dei gestori al sondaggio. Ed è per queste ragioni che il 77% dei gestori considera favorite le large cap nei prossimi dodici mesi.

L’indagine di Morningstar mette in luce che un’inversione del trend delle small cap potrebbe cogliere impreparati gli investitori. Più del 60% dei gestori è convinto che ci sia una sovra-esposizione nel segmento in questa fase del ciclo di mercato. Pochi, tuttavia, credono in un crollo e considerano più probabile un declino graduale, anche se forti flussi in uscita potrebbero amplificare le perdite, in un settore tradizionalmente caratterizzato da titoli poco liquidi.

Meno certezze sui mercati

Più di un gestore su due è convinto che i mercati azionari internazionali saliranno tra il 5 e il 10% nei prossimi dodici mesi; mentre nessuno prevede una discesa. Tuttavia, non è netto il giudizio sulle diverse aree geografiche. La preferenza va al Vecchio continente (35%), ma con un margine molto risicato, seguono gli Stati Uniti (21%), che però hanno anche un elevato numero di pessimisti (26%), e il Giappone (21%). Per contro le Borse dell’Europa emergente sono date per sfavorite dal 35% dei fund manager. Anche a livello settoriale le valutazioni sono contrastanti, ma è significativo che solo il 4% degli intervistati sia convinto che i titoli energetici potranno ancora apprezzarsi nei prossimi mesi, contro il 13% di maggio.

Yen favorito sul dollaro

Le attese di rialzo dei tassi di interesse in Giappone hanno accresciuto l’ottimismo sulla divisa nipponica: il 56% dei gestori prevede sarà la migliore nei prossimi dodici mesi (erano il 49% a maggio), mentre l’80% considera sfavorito il dollaro. Rispetto al mese scorso, scende il numero degli ottimisti sull’euro, che passa dal 40 al 34%. Non ci sono, invece, variazioni significative per quanto riguarda il mercato obbligazionario: i fund manager continuano a privilegiare i titoli di Stato (68%) e le scadenze brevi (62%).

Il sondaggio è stato condotto tra il 22 e il 29 giugno 2006. Hanno partecipato questo mese 36 società di gestione europee, le più grandi per asset under management, che gestiscono in media 41 miliardi di euro e hanno in batteria 96 fondi. L’indagine, svolta dalle sedi locali di Morningstar in Italia, Benelux, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Norvegia, Spagna, Svezia e Svizzera, illustra i trend dell’industria del risparmio gestito nel Vecchio Continente e le attese sull’andamento dei mercati nei successivi 12 mesi. Per l’Italia hanno partecipato Aletti Gestielle, Banca Fideuram, Bnl Gestioni, Capitalia Am, Monte Paschi Am, Pioneer Im, Sanpaolo Imi Am.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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