Nessuna bolla tra gli emergenti

Per gli asset manager europei, i dati macroeconomici si confermano solidi e giustificano il rally di questi mercati. Positive le attese su Cina e Brasile, mentre è l’Europa dell’Est l’area a maggior rischio. Più cauto il sentiment sui listini internazionali. Tra i settori preferiti, rispunta l’energia.

Maria Grazia Briganti 28/04/2006 | 12:11
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Negli ultimi anni hanno sovraperfomato i listini dei Paesi sviluppati e messo a segno performance a tre cifre. Tuttavia, i fondamentali dei Paesi emergenti sono diventati solidi e tali da poter sostenere gli attuali livelli di valutazione.

A ritenere che non vi sono rischi di “bolla” nei mercati in via di sviluppo è il 91% dei gestori appartenenti alle 36 maggiori case di gestione europee intervistati da Morningstar nel consueto sondaggio mensile. Solo il 20% del campione ritiene che i prezzi attuali non siano sostenibili e che si assisterà a un calo dei listini, contro il 31% che considera corrette le attuali valutazioni, mentre un fund manager su due sostiene che vi siano spazi per ulteriori rialzi.

Brasile e Cina al top, rischi in America Latina ed Est Europa

Nel dettaglio, la maggiore crescita economica in termini di Prodotto Interno Lordo per i prossimi tre anni proverrà da Cina (41%) e Brasile (38%), che per i gestori sono anche i mercati meno sopravvalutati.

Frenano al contempo, le attese nei confronti della Russia, che nelle previsioni del 36% degli intervistati è considerata l’economia più debole dei prossimi tre anni. Un dato che si incrocia con le previsioni sull’Europa Orientale, per i fund manager la regione più sopravvalutata e dai maggiori rischi in termini di corporate governance.

Ulteriori strette monetarie negli Usa (47%) e fattori politici (24%) sono ritenuti i principali elementi di rischio per l’investimento nei mercati emergenti.

Più cautela sui mercati internazionali, in flessione le attese su Wall Street

Il possibile aumento dei tassi di interesse è considerato uno dei fattori che continuano a deprimere il sentiment su Wall Street, ritenuta la piazza più debole dal 41% del campione.

Ma ad aprile i money manager europei risultano più cauti anche sul resto dei mercati mondiali. Cala infatti al 47% (era il 70% a marzo) la percentuale di coloro che prevedono una crescita dei listini nei prossimi dodici mesi tra il 5 e il 10%, mentre quasi un gestore su tre ritiene che le Borse saliranno non più nel 5%.

Testa a testa tra euro e yen, poche chance per il dollaro

Le case di gestione europee non si fanno illusioni sulla tenuta della valuta americana nei prossimi dodici mesi. L’elevato deficit Usa di parte corrente, che ha toccato il massimo storico nel 2005, ma soprattutto la richiesta nel corso del G7 di una rivalutazione dello yuan cinese, induce il 60% degli intervistati a ritenere che la valuta americana perderà posizioni nei confronti dell’euro e delle monete asiatiche.

I dati congiunturali non sostengono le obbligazioni

L’ambiente macroeconomico positivo non gioca a favore del reddito fisso. I gestori insistono sul posizionamento a breve sulla curva delle scadenze (il 69% degli intervistati), mentre la contrazione ai minimi storici dei differenziali di rendimento offerti dai bond più rischiosi, guida gli investimenti verso i prodotti governativi e dei mercati sviluppati.

Ancora energia in portafoglio

L’impennata del prezzo del greggio porta nuovamente in luce il settore energetico. È del 28% la percentuale dei gestori che ad aprile dichiara che i titoli dell’energia saranno i migliori dei prossimi dodici mesi, contro il 6,5% di marzo. Ancora penalizzante il sentiment sulle utilities, il comparto meno brillante da qui a un anno per il 31% degli intervistati.

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Maria Grazia Briganti  è stata editor & analyst di Morningstar Italy

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