Sulla scia della crescita cinese

La forte domanda del gigante asiatico spinge l’economia giapponese: nel 2003 l’export è aumentato del 40%. La Borsa sale, ma resta l’incognita valutaria.

Jonas Lindmark 10/03/2004 | 13:21
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La Borsa di Tokyo ha continuato la corsa, con l’Msci Japan che ha guadagnato l’8% in yen (3% in dollari) da inizio anno (all’8 marzo). Il rally è dovuto in parte all’indebolimento della valuta nipponica nelle ultime due settimane, per via di un intervento massiccio del ministero delle Finanze.

Negli ultimi sei mesi, il rapporto di cambio con il biglietto verde è diventata una delle principali preoccupazioni in Giappone. Da agosto, lo yen ha guadagnato più del 10%, superando la resistenza di quota 105. Dopo gli interventi di gennaio e febbraio, il cambio è sceso intorno a 112 yen per un dollaro, nella prima settimana di marzo. Tuttavia, la soglia psicologica sono 100 yen e se il biglietto verde calerà al di sotto, molti temono una forte reazione della Borsa, che potrebbe ancora un

a volta ferire i bilanci del già traballante sistema bancario.

La principale causa del rally azionario è la forte crescita del Prodotto interno lordo, +7% su base annua nel quarto trimestre 2003. La domanda è ora se tale ritmo proseguirà e molto dipende dall’andamento dei consumi interni, mentre finora il traino è stato il commercio con l’estero.

La Cina dietro la crescita dell’export

Le imprese di esportazione hanno registrato una forte crescita dei profitti. Il principale partner è la Cina, la cui domanda è salita del 40% a dicembre rispetto allo stesso mese del 2002. Secondo Andy Xie, capo-economisti di Morgan Stanley per la Cina, l’aumento dell’export nipponico dal 2000, in tutto 25 miliardi di dollari, è dovuto alla Cina.

Per gli investitori, l’aspetto economico più interessante è che i due Paesi sono complementari. La Cina ha abbondanza di manodopera a basso costo, mentre il Giappone ha un surplus di attrezzature produttive, dopo anni di eccessi di spesa in conto capitale. Inoltre, Tokyo ha fatto ingenti investimenti diretti in Cina e spostato parte della produzione. Questo fa sì che si può guadagnare di più dalla crescita del gigante asiatico, puntando sul Paese nipponico.

Oltre all’export e agli interventi governativi per tenere basso lo yen, il Giappone continua a beneficiare di tassi di interesse ai minimi, che favoriscono consumi e investimenti. Le statistiche mostrano che la fiducia è in aumento, supportata dalla crescita economica e dal basso livello di disoccupazione.

Meno investimenti, più crescita

Secondo l’economista inglese, Andrew Smithers, è necessario più di un anno con elevata crescita del Pil, in quanto fino a che ci sarà sovra-capacità produttiva, le pressioni deflazionistiche continueranno. Solo un consistente calo degli investimenti può far crescere i profitti. Inoltre, il deficit pubblico è di circa il 7% e gli squilibri economici appaiono di difficile soluzione.

Nel lungo periodo, i rischi sono ancora elevati e comprendono il rapido invecchiamento della popolazione e la dipendenza dalle esportazioni. Le riforme economiche sono necessarie, in particolare nel sistema creditizio, nel mercato del lavoro e nei settori “protetti”. Migliori condizioni economiche hanno dato più libertà di azione ai riformatori che hanno vinto le elezioni l’anno scorso, ma bisogna vedere quante delle promesse elettorali verranno mantenute.

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Info autore

Jonas Lindmark

Jonas Lindmark  has been editor and head of fund analysis at Morningstar Sweden since August 2000. Before that he was personal finance editor and designed fund ratings during 9 years at the weekly business magazine Affärsvärlden.

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