Mai abbassare il livello di guardia

Il 60% dei fondi specializzati nell’Europa dell’est investe più del 30% in Russia e solo il 4% non ha Yukos tra i principali titoli. L’arresto dell’oligarca Khodorkovsky, capo della seconda compagnia petrolifera del Paese, riporta in primo piano il rischio “emergenti”.

Sara Silano 31/10/2003 | 12:39
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I gestori che investono nell’Europa orientale l’avevano detto: “Per ulteriori guadagni sulla Borsa russa bisognerà aspettare le elezioni parlamentari di dicembre”. L’arresto per frode ed evasione fiscale dell’oligarca russo, Mikhail Khodorkovsky, è stata la conferma che il clima è diventato più teso alla vigilia del voto. E’ noto, infatti, che l’amministratore delegato della Yukos, la seconda maggiore compagnia petrolifera del Paese, aveva ambizioni politiche e si era schierato, dando un supporto finanziario, con partiti dell’opposizione.

La notizia dell’arresto ha innervosito gli investitori, alimentando un’ondata di vendite sul listino russo, con il principale indice, l’RTS, che ha perso il 14% in una settimana. Da inizio anno, il bilancio resta, comunque, decisamente positivo

(+65,7%), grazie ai forti rialzi degli ultimi mesi determinati dagli elevati prezzi delle materie prime e dai dati positivi sull’economia. L’arresto, però, ha riproposto il problema del rischio dell’investimento nei mercati emergenti, soprattutto quando il portafoglio è sbilanciato in una determinata area geografica.

In Italia, esiste un solo fondo specializzato sulla Russia, il New Millennium Russian Focus, comparto della sicav lussemburghese di Banca Finnat Euramerica, che è distribuito alla clientela retail. Tuttavia, sono 62, tra italiani ed esteri, i prodotti specializzati nell’Europa orientale, e per la quasi totalità il Paese guidato da Vladimir Putin è uno dei mercati più importanti. Il 60% di questi fondi investe più del 30% in Russia.

Il caso russo, quindi, riguarda da vicino i piccoli investitori italiani, che hanno puntato sui mercati emergenti dell’est Europa. Anche perché solo il 4% dei fondi specializzati nell’area non ha Yukos tra i primi dieci titoli in portafoglio. Mediamente la compagnia petrolifera pesa per l’8%, una percentuale che si spiega con il fatto che è una delle blue chip dell’RTS.

Questa settimana, i fondi hanno perso mediamente il 4,8%, ma la performance da inizio anno è positiva per il 28%. L’arresto di Khodorkovsky rischia di portare nuove turbolenze o il calo dei corsi azionari crea nuove opportunità di acquisto? La maggior parte dei gestori è ottimista sul futuro del mercato russo.

“Siamo dall’avviso che il conflitto sia sorto alla vigilia delle elezioni a causa delle ambizioni politiche di Khodorkovsky e quindi rimarrà circoscritto”, dice Angelica Millendorfer, gestore azionario Europa dell’Est di Raiffeisen capital management. “Questo parere è rafforzato dalle dichiarazioni del presidente Putin, il quale afferma che non ci sarà alcuna indagine sulle privatizzazioni, né un allargamento della faccenda fuori della Yukos”.

Per Pictet, la vicenda può svilupparsi in due direzioni, una positiva, in quanto è il primo passo di una decentralizzazione politica ed economica, e una negativa di ridistribuzione del potere da vecchi a nuovi oligarchi, più vicini al Cremlino. Questa seconda ipotesi, però, è considerata meno probabile. Qualche preoccupazione in più è espressa da Alexander Karpov, gestore del Fondo UniEM Osteuropa di Union Investment, che giudica il recente arresto “un evento da considerare con grande serietà”, perché “rispecchia una generale scarsa fiducia nelle autorità”, con il rischio che i capitali comincino a lasciare il Paese.

Dal collasso finanziario del 1998, la Russia ha fatto molti passi in avanti, soprattutto dopo l’elezione di Putin, nel 2000, che ha dato impulso alle riforme. L’economia cresce al tasso del 6-7% annuo, il livello di indebitamento è basso, le spese per consumi sono elevate e le valutazioni azionarie sono più basse rispetto a quelle dei mercati occidentali. Tutto questo, aggiunto al miglioramento del rating del Paese da parte di Moody’s, crea uno scenario positivo; tuttavia non bisogna dimenticare che l’investimento nei mercati emergenti implica sempre un certo grado di rischio. Nel caso della Russia, Fidelity mette in luce alcuni fattori di rischio, nonostante un generale ottimismo: le elezioni presidenziali nel marzo 2004, la forte dipendenza dal settore petrolifero, che rappresenta il 30% del Prodotto interno lordo (Pil), e la bassa liquidità di molti titoli.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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