Giappone, è vera ripresa?

Dopo essere sceso sotto gli 8 mila punti, il Nikkei è risalito verso i 9 mila. Per alcuni gestori il listino ha voltato pagina e ha le carte per ripartire. La stessa previsione è stata fatta più volte e sempre smentita. Oggi qualcosa sembra essere cambiato.

Sara Silano 24/06/2003 | 13:06
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Un mese fa, George Robinson, advisor del fondo Vitruvius Japanese Equity, aveva detto che per il Nikkei la parabola discendente era finita. La stessa previsione è stata fatta più volte negli ultimi anni e sempre disattesa. Non era facile, quindi, credergli, anche perché il listino nipponico aveva perforato la soglia degli 8 mila punti.

Oggi, che la Borsa si è riportata a ridosso di quota 9 mila, quella previsione sembra più realistica. “Questa volta la differenza è nel netto cambiamento che sta avvenendo nella politica della banca centrale”, sostiene Robinson “sia sul fronte inflazionistico che della politica dei tassi di cambio”.

div> Certo, non bisogna eccedere nell’euforia perché l’economia giapponese soffre ancora a causa di un elevato indebitamento dello Stato, un sistema di deflazione che scoraggia consumi e investimenti, un elevato tasso disoccupazione (circa 5%), che rimane però inferiore rispetto all’Europa, e un sistema bancario debole. Ma negli ultimi tempi, si è riscontrata un’accelerazione del processo di ristrutturazione, soprattutto finanziaria, con incentivi da parte del Governo al riacquisto di azioni proprie.

“E’ bene ricordare”, aggiunge Fukuo Shigeta della Nippon Finance management, uno dei pochi gestori indipendenti ancora attivi sul mercato giapponese, dopo quasi 15 anni di mercato Orso, “che in Giappone il risparmio privato è in eccesso di 10 mila miliardi di dollari e il saldo netto di investimenti all’estero ammonta a ben 1,5 mila miliardi. Inoltre, la bilancia commerciale ha registrato una plusvalenza di 80 miliardi e dopo tutto il Paese rimane ancora il leader nell’elettronica di consumo”.

Da punto di forza, tuttavia, l’export può diventare punto di debolezza se esploderanno gli scambi commerciali tra Cina e resto del mondo e la contrazione dei flussi in uscita dal Giappone non sarà bilanciata da una ripresa della domanda interna.

Il Giappone è in forte sottopeso nei portafogli degli investitori. Le valutazioni, però, iniziano ad essere interessanti. “La capitalizzazione totale di tutte le banche quotate è di soli 140 miliardi di dollari, inferiore a quella di Citigroup”, dice Shigeta. “Analogamente, la somma della capitalizzazione di mercato di Hitachi, Toshiba, Mitsubishi Electric, Nec, Jujitsu, Sony e Matsushita Electric è di soli 75 miliardi di dollari, ben inferiore a quella di Cisco Systems”. Proprio sul settore tecnologico, il fund manager, è molto positivo, per i vantaggi competitivi del mercato nipponico rispetto all’Occidente. Altri comparti preferiti sono quelli che riflettono il ciclo demografico del Paese, quale il farmaceutico e l’healthcare, oltre ai beni di consumo.

A Shigeta, la Belgrave Capital Management (BCM) ha affidato sin dal 1999 la gestione del Japanese Equity, comparto della Vitruvius sicav, affiancandogli successivamente Hugh Slogane, noto per aver istituito nel 1994 uno dei primo hedge fund a Londra. Il mix fra diverse esperienze ha permesso al fondo di conquistare le cinque stelle di Rating Morningstar, anche se non si è sottratto alla crisi del mercato nipponico. Negli ultimi tre anni ha perso circa in 50% in yen contro oltre il 60% della media della categoria Azionari Giappone large cap.

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Nome TitoloPrezzoCambio (%)Morningstar Rating
Vitruvius Japanese Equity B JPY234,51 JPY1,83Rating

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Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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