BTP Italia, i pro e i contro dei titoli indicizzati all’inflazione

Le obbligazioni inflation-linked proteggono dall’aumento dei prezzi inaspettato, ma la protezione ha un costo.

Sara Silano 14/05/2025 | 12:43
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Collage illustration of a pie chart with images of the European Central Bank, a shopping cart, and banknotes.

Da martedì 27 maggio, i risparmiatori italiani potranno sottoscrivere la nuova emissione del BTP Italia, un titolo di Stato che si caratterizza per essere indicizzato all’inflazione. Quali sono i pro e i contro di possedere un’obbligazione inflation-linked?

Innanzitutto, ricordiamo che i titoli collegati all’indice dei prezzi sono pensati per proteggere l’investimento dall’inflazione. Emessi principalmente da Stati sovrani, come l’Italia, prevedono una rivalutazione del capitale e delle cedole in base all’andamento dell’inflazione.

Nel caso del BTP Italia, l’indice che viene preso a riferimento è il FOI, ossia l’indice nazionale dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati, con esclusione dei tabacchi. Calcolato dall’ISTAT, comprende un paniere di beni e servizi che tipicamente consuma una famiglia che fa capo a un lavoratore dipendente. A marzo, il FOI senza i tabacchi segnava un’inflazione dell’1,7% su base annua.

I pro dei titoli di Stato inflation-linked

I titoli di Stato indicizzati all’inflazione aiutano a proteggersi dall’aumento generalizzato dei prezzi, che erode il potere di acquisto dei consumatori. Infatti, quando i prezzi aumentano si possono comprare meno cose con la stessa somma di denaro.

“Le obbligazioni inflation-linked possono fornire protezione in caso di inflazione sostenuta e inaspettata, soprattutto se rapportate alle obbligazioni governative tradizionali che tendono a soffrire nelle fasi inflattive in quanto i pagamenti [delle cedole] sono fissi”, spiega Nicolò Bragazza, associate porfolio manager di Morningstar Investment Management.

Gli investimenti che mirano ad ottenere un rendimento superiore al tasso di inflazione possono proteggere dalla perdita del potere di acquisto. In gergo finanziario, si parla di rendimenti “reali”, proprio per indicare i guadagni al netto dell’inflazione.

Nel caso del BTP Italia, la rivalutazione del capitale è semestrale ed è corrisposta unitamente alla cedola. Quest’ultima, anch’essa corrisposta ogni sei mesi, viene calcolata moltiplicando il tasso cedolare semestrale reale fisso per il capitale rivalutato. Se durante i sette anni di vita del titolo si verifica un periodo di deflazione (calo del livello generale dei prezzi), scatta il cosiddetto meccanismo di floor sia sul capitale sia sulla cedola. Di conseguenza, non solo all’investitore non sarà addebitato nulla, ma il calcolo della cedola sarà sul capitale nominale non rivalutato.

Oltre a proteggere dall’inflazione, diverse ricerche sottolineano il fatto che questo tipo di obbligazioni presenti storicamente una bassa correlazione rispetto alle azioni, alle materie prime e ad altre classi di attivo. Il portafoglio risulta quindi più diversificato e può offrire un miglior rendimento totale ponderato per il rischio. Analizzando la correlazione tra l’indice azionario Morningstar Global Markets e il Morningstar Global Treasury Inflation-Linked Securities, il rapporto è di 0,35 negli ultimi vent’anni, dove un valore di uno indica una correlazione perfetta. Come mostra il grafico, su orizzonti molto più lunghi il diverso andamento dei due indici è più evidente, mentre negli ultimi anni c’è stata una tendenza all’aumento della correlazione.

I contro dei titoli indicizzati all’inflazione

“Le obbligazioni indicizzate tendono a non fornire protezione nelle fasi recessive in quanto il timore di deflazione spinge gli investitori a preferire obbligazioni tradizionali”, spiega Bragazza di Morningstar, il quale sottolinea l’importanza di conoscerne bene le caratteristiche per “usufruirne al meglio all’interno di un portafoglio diversificato”.

Anche se inflation-linked, questi titoli sono pur sempre delle obbligazioni e come tali sono esposti al rischio tasso. In pratica, possono perdere valore quando i tassi di interesse salgono, perché i bond di nuova emissione avranno cedole più interessanti. Per contro, aumentarlo quando i saggi di riferimento scendono.

Bragazza suggerisce quindi di considerare l’esposizione al rischio tassi ed eventualmente scegliere bond con maturità più contenuta per mitigarlo. Infatti, i bond con duration più basse presentano una minor sensibilità alle variazioni dei saggi di riferimento.

Il BTP Italia che sarà collocato a maggio può essere considerato un titolo di Stato a lunga scadenza, avendo durata di sette anni, di conseguenza la sensibilità alle variazioni dei tassi di interesse è un aspetto da tenere in considerazione.

I vantaggi e gli svantaggi rispetto al BTP Più e al BTP Valore

BTP Più e BTP Valore hanno cedole predefinite, ossia sono titoli “nominali”, mentre il BTP Italia ha cedole e capitale rivalutati tenendo conto dell’inflazione. “Un primo vantaggio del BTP Italia è dato dal fatto che l’investitore acquista una protezione da scenari inflattivi inattesi”, afferma Michele Morra, senior portfolio manager di Moneyfarm. “Lo svantaggio è che tale protezione ha un costo che si configura in cedole fisse più basse. Ad oggi, un BTP nominale con scadenza 5 anni ha un rendimento dell’1,2% più alto di un BTP indicizzato al FOI. Se l’inflazione in Italia sarà più alta dell’1,2%, l’investitore del BTP Italia avrà sovraperformato, altrimenti gli sarebbe convenuto comprare il BTP nominale”, aggiunge il gestore.

Un ulteriore vantaggio del BTP Italia di maggio rispetto al BTP Più è dato dal fatto che l’investitore retail che acquista il titolo all’emissione e lo detiene fino a scadenza beneficia di un premio fedeltà dell’1%. D’altro canto, però, il BTP Più dà la possibilità di ricevere il valore nominale prima della scadenza, anche qualora il prezzo di mercato sia più basso.

Infine, ricorda Morra, le cedole del BTP Italia non sono predeterminabili e sono pagate su base semestrale, mentre il BTP Più e il BTP Valore hanno cedole trimestrali calcolate con un meccanismo step-up, ossia che aumentano progressivamente nel tempo in base a tassi predeterminati all’emissione.

I pro e i contro dei titoli inflation-linked nell’attuale contesto economico

L’acquisto di un titolo di Stato inflation-linked nell’attuale contesto economico può essere motivato dalla volontà di proteggere il capitale da rischi geopolitici con impatti inflattivi o dal fatto che si ritiene che l’economia italiana crescerà più delle attese. Morra di Moneyfarm avverte, però, che se venduti prima della scadenza, “anche in scenari inflattivi i bond indicizzati potrebbero subire delle perdite a causa di rialzi dei tassi da parte delle banche centrali”.

Il BTP Italia potrebbe perdere valore anche nel caso si verifiche un allargamento dello spread, cioè del differenziale tra i titoli di Stato italiani e il bund tedesco, preso a riferimento per l’eurozona. Per queste ragioni, Morra ritiene che “i titoli indicizzati abbiano un ruolo in un portafoglio diversificato bilanciato, ma bisogna prestare attenzione alla diversificazione dal rischio di mercato, geografico e di credito, evitando esposizioni troppo concentrate”.

Perché il FOI ha dei vantaggi sui più comuni indici dei prezzi italiani

Nonostante sia più comune il riferimento all’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) quando si parla di inflazione italiana, il FOI viene solitamente usato per i contratti che prevedono una rivalutazione monetaria, come quelli di affitto. Il suo vantaggio risiede nel fatto che è soggetto a meno revisioni metodologiche. “Un titolo con sottostante un indice più volatile potrebbe avere un costo maggiore e dunque cedole fisse inferiori”, spiega Morra, il quale ricorda anche che NIC e FOI sono generalmente correlati, “sebbene recentemente il NIC sia cresciuto di più a causa della maggiore esposizione ai prezzi energetici”.


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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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