Quali scenari globali per lo sviluppo del nucleare

Secondo l’IEA dovrebbe crescere a un ritmo del 2% annuo fino al 2030. E’ un’energia alternativa alle fonti fossili, ma la costruzione di nuovi impianti è costosa.

Francesco Lavecchia 30/05/2023 | 11:00
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nucleare

Il nucleare sembra essere pronto a ripartire. Secondo l'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA), nell’ultimo decennio la capacità di energia atomica a livello globale è rimasta piatta, a fronte di una crescita media del 2,5% annuo di quella totale. Questo trend negativo, che ha portato la quota del nucleare a scendere dal 13% al 10% rispetto alla produzione di energia elettrica mondiale, sembra però destinato a invertirsi.

Le previsioni di crescita del settore
In base allo scenario più prudente ipotizzato della stessa IEA, l'energia nucleare dovrebbe crescere a un ritmo del 2% annuo fino al 2030, spinta soprattutto dalla necessità dei governi nazionali di operare la transizione delle energie fossili.

Questa crescita, però, non sarà distribuita equamente a livello regionale: oltre il 90% della nuova capacità nucleare a livello mondiale sarà prodotta in Asia. Le stime dell’IEA indicano un progresso medio del 7% (rispetto al +1,7% registrato nella regione negli ultimi 10 anni) spinto dal forte contributo offerto da Cina, dove si stima una crescita media del 5%, India (+13%) e Giappone (+14,5%). Al contrario, negli Stati Uniti e in Europa la produzione dovrebbe mantenersi piatta o registrare una lieve contrazione.

Figura 1: Previsioni di crescita del nucleare

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Vantaggi e svantaggi del nucleare
Il nucleare presenta numerosi vantaggi: non produce emissioni dirette di carbonio o di gas serra, è in grado di fornire energia in qualsiasi momento della giornata e indipendentemente dalle condizioni meteorologiche e richiede meno materiali rispetto ad altre fonti energetiche alternative al carbone. Inoltre, insieme alle rinnovabili, l’energia atomica è la fonte con il più basso tasso di mortalità. In base ai dati di Our World in Data (progetto a cura dell’organizzazione britannica Global Change Data Lab), se si rapporta il numero delle morti da incidenti e da inquinamento per le unità di energia prodotta, il nucleare è secondo solo al fotovoltaico in termini di sicurezza per la vita.

Resta, però, il problema dello smaltimento dei rifiuti e dei costi. Quelli favorevoli al nucleare sottolineano come la quantità di rifiuti sia molto bassa, si stima che se utilizzassimo solo energia nucleare per i consumi energetici di un’intera vita produrremmo un volume di scorie pari a una lattina di alluminio, e che la possibilità di immagazzinare le scorie nucleari sia, rispetto al materiale di rifiuto prodotto dalle altre fonti energetiche, un vantaggio. Inoltre, i barili che contengono scorie nucleari sono estremamente durevoli, resistenti e con elevati standard di sicurezza.

I contrari, invece, puntano il dito sul rischio insito nel fatto di dover stoccare in sicurezza questi rifiuti per centinaia (quelli di media attività ILW-Intermediate Level Waste) o addirittura centinaia di migliaia di anni (quelli di alta attività HLW-High Level Waste).

I veri ostacoli al nucleare sono però di natura economica: costruire un nuovo impianto è costoso e molto complicato. Una centrale nucleare impiega in media circa 14 anni per essere costruita, dalla fase di progettazione fino alla sua messa in funzione, ma molto spesso i tempi si dilatano e con essi anche i costi. La costruzione del mega progetto di Hinkley Point C in Gran Bretagna (due reattori da 1.600 MW di potenza), ad esempio, iniziata a marzo 2017 per essere operativa a giugno 2026, è già in ritardo di 18 mesi ed Électricité de France, l’azienda produttrice, ha già stimato altri 15 mesi di ritardo e costi più alti del 50% rispetto al progetto iniziale.

Tuttavia, le nuove tecnologie, come i piccoli reattori di costruzione modulare (small modular reactors), i reattori di IV generazione e la fusione nucleare (nucleare pulito) potrebbero cambiare le regole del gioco permettendo di ridurre tempi e costi, dicono gli analisti di Morningstar.

Un’ulteriore spinta al settore del nucleare potrebbe arrivare dagli investitori istituzionali. L’energia atomica è stata per decenni un tabù per molte società attive nel mercato degli investimenti sostenibili per via delle questioni legate allo smaltimento dei rifiuti, alla sicurezza sul lavoro e ai gravi incidenti verificatisi in passato. Ma ora il vero nemico da combattere è il carbonio e il nucleare ha assunto un ruolo importante nella transizione dalle fonti fossili come energia pulita alla stregua di quella eolica e solare. A dimostrazione di questo, lo scorso anno l’Unione europea ha inserito il nucleare nella tassonomia della finanza sostenibile.

              

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Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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