L’Asia è un’opportunità. Ma occhio alla Cina

La regione non è ancora riuscita a recuperare le perdite del 2018 e le valutazioni, rispetto al resto del mondo, sono interessanti. Il rallentamento del Paese del Drago, tuttavia, potrebbe farsi sentire.

Marco Caprotti 23/07/2019 | 10:37
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C’è valore in Asia? Quello che è certo è che la regione offre delle opportunità se confrontata con altro macro aree mondiali. L’indice Morningstar Asia da inizio anno (fino al 18 luglio e calcolato in euro) ha guadagnato il 9,8%. Una performance non ancora sufficiente per recuperare il -8,7% segnato nel 2018.

Indice Morningstar Asia
Grafico Asia

Dati in euro aggiornati al 18 luglio 2019
Fonte: Morningstar Direct

Ma il dato certifica anche come il paniere (sempre dai primi di gennaio) sia rimasto indietro rispetto al benchmark globale oltre che a quelli relativi agli Stati Uniti e all’Europa. Due regioni che hanno più che ampiamente recuperato il cattivo andamento fatto registrare l’anno scorso.

Indici a confronto
Indici a confronto

“L’azionario dell’Asia ha incontrato un periodo difficile, soprattutto nelle zone emergenti”, spiega James Foot, Head of Capital Markets & Asset Allocation di Morningstar Investment Management. “Le minacce riguardo a una guerra commerciale hanno indebolito il sentiment degli operatori, soprattutto nei confronti di quei paesi in cui l’export è un fattore chiave come Cina, Corea del Sud e Taiwan. Questo però ha rinforzato l’idea che la regione, dal punto di vista delle valutazioni, sia un’opportunità”.

Attenzione alla Cina
Un occhio particolarmente attento si deve avere per la Cina, soprattutto dopo che il Paese del Drago nel secondo trimestre di quest’anno ha registrato la crescita economica più lenta degli ultimi 27 anni: +6,2%. Colpa, secondo la maggior parte degli analisti, delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti che, peraltro, rischiano di avere effetti non solo sullAsia, ma anche su altre economie a livello globale. Il dato, comunque, non ha colto di sorpresa gli operatori, considerando che il Pil cinese, dopo il picco del +14,2% fatto segnare nel 2007, ha iniziato a mostrare numeri ogni anno un po’ più bassi. L’opinione generale, comunque, è che il governo cinese possa usare la benzina degli stimoli monetari per dare una spinta alla congiuntura. Già a inizio anno, ad esempio, Pechino aveva annunciato sgravi fiscali per un importo pari a 300 miliardi di dollari per cercare di far crescere la spesa. Una mossa che sembra aver dato un po’ di fiducia al paese. Gli ultimi numeri dicono che le spese al dettaglio nel secondo quarter dell’anno sono salite del 9,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. La situazione comunque resta delicata, considerando che le importazioni sono scese del 7,3% nel primo semestre del 2019. Un problema soprattutto per i peasi della regione asiatica che vivono di esportazioni verso il primo paese emergente del mondo.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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