Bond emergenti, bisogna aver paura della bancarotta venezuelana?

Sono settimane difficili per il debito del paese sudamericano. Ma l’asset non è molto presente nei fondi e alcuni gestori vedono buone opportunità nel lungo periodo. 

Marco Caprotti 13/12/2017 | 15:48
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Il brivido di paura che ha attraversato gli investitori nei paesi emergenti dopo il fallimento del Venezuela potrebbe essere ingiustificato. Il fremito si è sentito a metà novembre dopo che la International Swap e Derivatives Association ha dichiarato i bond governativi del paese e quelli emessi da Petroleos de Venezuela (PDV, la oil company gestita dallo stato) valgono come carta straccia. Ma i primi tremori si erano avvertiti due settimane prima, quando il presidente del paese, Nicolas Maduro, aveva annunciato la ristrutturazione del debito locale (valutato in circa 60 miliardi di dollari).

Non è da oggi, comunque, che lo stato sudamericano è un osservato speciale della comunità finanziaria internazionale che imputa a Maduro - e al cattivo management di PDV- la recessione economica e la penuria di cibo e medicinali in cui versa il paese. Agli investitori non sono piaciuti nemmeno gli ultimi scandali politici, l’emissione di nuovo debito e la decisione di versare i dividendi di Citgo (la raffineria controllata da PDV) direttamente nelle casse dello stato.

“Il debito venezuelano, in generale, è poco presente nei fondi obbligazionari globali dove la posizione, quando c’è, non arriva all’1% del portafoglio”, spiega Karin Anderson, direttore delle strategie sul reddito fisso di Morningstar che ha analizzato i fondi dedicati ai bond dei mercati emergenti (sono stati presi in considerazione quelli che hanno un Analyst rating, vedi tabella sotto) domiciliati in Usa e In Europa. “Tuttavia pesa di più nei prodotti dedicati ai bond dei mercati emergenti. In particolare in quelli che hanno come benchmark l’indice JPMorgan Emerging Market Bond composto da emissioni governative in euro e dollari. Nei primi 10 mesi del 2017 il debito venezuelano ha rappresentato il 2,5% del paniere.

venezuela

Come la pensano gli investitori professionali?
Nonostante le recenti tempeste, diversi investitori professionali di lungo periodo hanno deciso di non scappare. Alcuni hanno anche approfittato delle fasi di debolezza per incrementare le posizioni. Il team spacializzato sui bond dei paesi emergenti di BlackRock vede tre possibili scenari. Nel primo, Maduro inizia a negoziare la ristrutturazione del debito pur continuando a onorarlo. Nel secondo, il paese finisce i soldi e va in bancarotta insieme a PDV. Nel terzo, il Venezuela potrebbe decidere di andare in default solo per la parte governativa continuando però a ripagare gli obbligazionisti di PDV ed evitando così una disputa legale che potrebbe danneggiare il comparto petrolifero nazionale. Alla luce di queste ipotesi, il team di BlackRock ha deciso di concentrarsi sui bond a lungo termine di PDV, partendo dal presupposto che saranno quelli favoriti nella maggior parte degli scenari analizzati.

T.Rowe Price Emerging Market Bond a fine ottobre aveva una delle quote maggiori di debito del Venezuela (5,5%). I suoi gestori credono che se il governo davvero volesse negoziare una ristrutturazione dovrebbe prima impegnarsi su alcune riforme politiche per rassicurare gli investitori. I manager non vedono progressi su questo fronte e pensano che probabilmente l’economia del paese andrà sotto pressione portando a cambiamenti al governo.

Anche pensando a uno scenario peggiore, i gestori vedono un potenziale di ripresa nel lungo periodo e hanno dato la precedenza alle scadenze brevi e a quelle lunghe meno costose. Partendo dall’esperienza fatta con l’Ucraina, i manager sono convinti che ai bond a breve termine saranno offerte buone condizioni per incoraggiare gli investitori a partecipare a una ristrutturazione.

Altri bond manager sono più cauti. Quelli di Neuberger Berman EM Debt Hard Currency hanno sottopesato il Venezuela. Il team ha paura di nuovi cali perché, dice, è difficile che l’attuale governo sia in grado di arrivare a una ristrutturazione.

Pictet-Global Emerging Debt ha sottopesato le scadenze brevi e sovrappesato quelle a 10 anni per le quali crede che ci siano maggiori possibilità di crescita in caso di ristrutturazione quando (e se) ci sarà un ricambio politico.

Niente panico
“Questa situazione potrebbe richidere molto tempo per essere risolta”, dice Anderson. “La situazione in Ucraina, dove la ristrutturazione era molto meno complicata, ha iniziato a dipanarsi dopo quasi un anno. Il potere di Maduro sul governo e le sanzioni economiche imposte dagli Usa rappresentano grandi ostacoli. Fino a che i provvedimeti americani non saranno rimossi le istituzioni a stelle e strisce non potranno partecipare ad alcun programma di restructuring. Un’altra variabile sono i prezzi del petrolio. Gli investitori in global bond hanno poco da temere, visto che la maggior parte di questi fondi non ha debito venezuelano. Chi ha strumenti dedicati al debito emerging non ha ragine di liberarsene. L’andamento delle obbligazioni del paese non è riuscito a frenare i guadagni di queste strategie da inizio anno. Senza contare che alcuni manager esperti vedono potenzialità di lungo periodo per questo asset”. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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