La volatilità perduta

Da luglio i mercati azionari globali mostrano una deviazione standard a 12 mesi inferiore a quella dei listini obbligazionari, un fatto storico. Quali sono le conseguenze?

Valerio Baselli 13/09/2017 | 11:19
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Un fantasma si aggira per i mercati, quello della volatilità che non c’è più. Nonostante l’instabilità legata alle politiche dell’amministrazione Trump, alle elezioni europee e più recentemente alla crisi nord coreana, una delle conseguenze delle scelte estremamente accomodanti delle Banche centrali è che da luglio la volatilità (misurata come la deviazione standard a 12 mesi) dei mercati azionari globali (tracciati tramite l’indice Morningstar Global Markets NR USD) risulta non solo ai minimi storici, ma anche inferiore a quella delle obbligazioni (attraverso l’indice BBgBarc Global Aggregate TR USD). Un fatto storico. I dati sono in dollari a fine agosto.

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Dati in dollari al 31 agosto 2017
Fonte: Morningstar Direct

Se da un lato l’assenza di volatilità significa meno rischi sui mercati, dall’altro vuol anche dire che diventa più difficile ottenere rendimenti interessanti, soprattutto dopo un rally di mercati di quasi otto anni. Tuttavia, l’evidenza empirica dimostra che i cambiamenti possono essere anche repentini, come visto nel 2007 o nel 2013. Il vero punto, però, riguarda soprattutto la direzioni che i mercati prenderanno quando ritornerà la volatilità.

A questo proposito è difficile fare previsioni: nel 2007, l'indice Morningstar Global Markets segnava una volatilità molto bassa, del 5,3%. La redditività nei 12 mesi successivi è stata del -1,2% (in dollari). Nel 2013, invece, lo stesso mostrava una deviazione standard del 6%; tuttavia, la redditività nell’anno successivo è stata del 18%.

Infatti, se si osserva il grafico sottostante che mostra la relazione tra la volatilità storica a 12 mesi e i rendimenti futuri a 12 mesi, è complicato stabilire una chiara relazione tra queste due variabili.

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Dati in euro al 31 agosto 2017
Fonte: Morningstar Direct

Come posizionarsi?
In una situazione del genere, quindi, come si dovrebbero posizionare gli investitori? Innanzitutto, è importante non dimenticarsi che il rischio può essere dietro l’angolo. “La volatilità – spiegano gli analisti di Credit Suisse in una nota – si muove in cicli e appena il mercato individua una stretta più sostenuta delle condizioni monetarie, è probabile che inizi ad aumentare gradualmente”.

I livelli attualmente inferiori alla media della volatilità dei mercati finanziari offrono opportunità interessanti sia a chi realizza coperture sia agli investitori. “La volatilità è una misura importante per i prezzi delle opzioni, e la bassa volatilità significa che acquistare opzioni costa poco. Gli investitori preoccupati delle valutazioni azionarie dopo il lungo rimbalzo possono sfruttare la bassa volatilità per acquistare a buon prezzo una protezione al ribasso utilizzando opzioni put o strutture analoghe”, affermano gli analisti.

In un tale contesto, comunque, si nascondono opportunità anche per chi ha il senso del rischio. “In un mercato che riteniamo spesso valutato a prezzi abbastanza elevati, l’esposizione alla volatilità ci sembra un valido tema contrarian”, spiega Michael Clements, responsabile azionario Europa di SYZ Asset Management, secondo il quale la capacità di selezione sarà determinante anche all’interno di un singolo settore. “Anche se la visibilità dei tempi di ripresa della volatilità è minima o assente, riteniamo che in un orizzonte di lungo periodo si normalizzerà a vantaggio di specifiche società. Per questa ragione, cerchiamo tutte quelle aziende trascurate dal mercato che sono esposte a temi simili, riducendo al contempo le posizioni in portafoglio che potrebbero patire fasi di turbolenza. Siamo abituati a trovare idee d’investimento su temi poco seguiti in previsione di un’inversione di tendenza”.

A questo proposito il gestore prende ad esempio il segmento dei titoli finanziari nel quale molte società alimentano i volumi di trading grazie alla volatilità. “La spinta di Trump ha favorito l’attività frenetica delle banche d’investimento, ma si tratta tuttavia di società che non soddisfano i nostri criteri qualitativi”, afferma Clements, che indica poi le società di trading puro come le Borse valori, i market maker e gli intermediari finanziari tra le opportunità più interessanti, poiché uniscono buoni rendimenti, livelli elevati di tesoreria e un’esposizione all’attività di trading trainata proprio dalla volatilità”.

L'analisi è stata realizzata con la piattaforma per professionisti finanziari, Morningstar Direct. Clicca qui per saperne di più sulle sue funzionalità.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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