L’industria pesante benedice il voto Usa

Trump promette investimenti in infrastrutture e nella difesa. Una regolamentazione meno stringente in tema ambientale dovrebbe avvantaggiare alcuni segmenti dell’utility. Ecco chi vince con in repubblicani alla Casa Bianca.  

Francesco Lavecchia 15/11/2016 | 13:48
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Le promesse elettorali di Donald Trump rendono felice l’industria pesante, ma l’incertezza sulle reali possibilità del nuovo Presidente Usa di realizzare il suo programma dovrebbero moderare l’entusiasmo degli investitori.

Il piano del prossimo inquilino della Casa Bianca è quello di alzare in maniera significativa gli investimenti nel settore della difesa. Dai suoi interventi si è capita l’intenzione di aumentare le truppe in forza all’Esercito e alla Marina, di acquistare nuove navi e aerei militari, nonché di rafforzare la difesa missilistica. Impegni che dovrebbero far salire la spesa militare a quota 650 miliardi di dollari nel 2019.

“Al momento, però, sono solo dichiarazioni. La prova dei fatti l’avremo quando la nuova amministrazione approverà il primo budget il prossimo febbraio”, dice Chris Higgins analista azionaria di Morningstar. “Coloro che volessero prendere posizione sul segmento difesa, a nostro avviso, farebbero bene a privilegiare le aziende che sono attive esclusivamente in questo business, come Raytheon, Lockheed Martin, L-3 e Northrop Grumman, ma facendo sempre attenzione alle valutazioni. Nel caso di società come General Dynamics, che pure ricava il 27% del fatturato e il 41% del reddito operativo dalla produzione di jet, e Boeing, l’impatto positivo sul fatturato e sui margini di profitto dei nuovi investimenti del Governo sarà più limitato”.

Cosa cambia nell’automotive
Meno chiaro è il quadro legato alle dinamiche del comparto auto, nel quale il rischio maggiore è rappresentato dalle future decisioni sui trattati commerciali NAFTA e TPP. L’uscita degli Stati Uniti dall’Accordo nordamericano per il libero scambio, che prevede la progressiva eliminazione delle tariffe doganali tra i paesi partecipanti (Usa, Canada e Messico), produrrebbe un danno per tutte le case americane, le quali vedrebbero sfumare il vantaggio di produrre nei propri stabilimenti in Messico. Nel caso saltasse la Trans-Pacific Parternship, invece, sarebbero le aziende giapponesi a pagarne le conseguenze. In base a questo accordo commerciale, infatti, esse riescono ad acquistare componenti da fornitori in paesi che non aderiscono al TPP, come ad esempio la Cina, e a vendere le loro autovetture all’interno dell’area di libero commercio senza pagare alcun dazio.

“Detto questo, crediamo che sia molto difficile che Trump riesca ad ottenere la maggioranza su un provvedimento così delicato come gli accordi commerciali. L’esito più probabile potrebbe essere quello di una loro modifica”, dice David Whitson, Equity Strategist di Morningstr. “L’ago dalla bilancia, comunque, rischia di essere il tasso di cambio. L’indebolimento del dollaro nei confronti dell’euro potrebbe avvantaggiare le case produttrici di Detroit, come Ford e General Motors, rispetto a quelle del Vecchio continente, anche se al momento i titoli dell’industria sono generalmente scambiati a sconto rispetto alle nostre valutazioni”.

Rally dell’acciaio
La vittoria di Trump ha prodotto un vero rally dei titoli dell’acciaio. Il nuovo inquilino della Casa Bianca ha annunciato un piano di investimenti in infrastrutture per circa mille miliardi di dollari (contro i 275 miliardi di dollari annunciati dalla sua rivale Hillary Clinton) che promette di tradursi in un significativo aumento della domanda per i maggiori gruppi del settore come U.S. Steel e ArcelorMittal.

“Queste aziende si caratterizzano per una leva operativa molto elevata, dunque ci aspettiamo che l’incremento dei volumi di produzione generino una marcata espansione dei margini di profitto”, dice Andrew Lane analista azionario di Morningstar. “Il miglioramento della profittabilità delle società potrebbe costringerci a rivedere al rialzo le valutazioni dei fair value. Per queste regioni consigliamo di tenere sotto osservazione questi titoli nonostante i forti rialzi registrati nell’ultima ottava”.

Occhio alle utility
Buone notizie anche per le utility. La crescente domanda di gas indurrà il Governo a convogliare parte degli investimenti in infrastrutture anche nell’industria legata al trasporto della materia prima. Decisione che andrà a vantaggio di aziende come Dominion Resources (al momento scambiata a valori in linea con la valutazione degli analisti) e Duke Energy (il cui rapporto Prezzo/Fair value è pari 0,88).

L’elezione di Trump alla Casa Bianca rischia seriamente di frenare i progressi fatti dall’amministrazione Obama in tema di regolamentazione ambientale, e questo suona come uno scampato pericolo per le società che producono energia da combustibili fossili come NRG Energy e Calpine, le cui azioni risultano scontate dal mercato. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Titoli citati nell'articolo

Nome TitoloPrezzoCambio (%)Morningstar Rating
ArcelorMittal SA Depository Receipt25,68 USD1,02
Boeing Co155,00 USD2,98Rating
Dominion Energy Inc58,23 USD0,26Rating
Duke Energy Corp114,05 USD-1,48Rating
Ford Motor Co10,57 USD1,15Rating
General Dynamics Corp300,66 USD0,35Rating
General Motors Co45,68 USD1,56Rating
Lockheed Martin Corp605,13 USD-0,11Rating
Northrop Grumman Corp536,74 USD-0,16Rating
NRG Energy Inc95,35 USD1,38Rating
United States Steel Corp35,47 USD1,55

Info autore

Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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