Dimenticati in fretta i timori legati all’uscita del Regno Unito dall’Ue, i mercati finanziari sono tornati a concentrarsi sulle decisioni delle Banche centrali. Ma non hanno dimenticato la protezione che i bond possono dare in un contesto macro complicato.
I radar degli investitori nelle scorse settimane sono stati (e continuano a essere) puntati sulle decisioni di politica monetaria che potrebbe prendere la Federal Reserve a dicembre. Il mercato dei future sui Fed fund (considerati una buona cartina di tornasole degli umori del Fomc nelle settimane scorse hanno dato poco più del 50% di possibilità di un rialzo dei tassi).
Nel frattempo le obbligazioni americane hanno fatto i conti con le notizie in chiaroscuro arrivate dall’economia Usa: la maggior parte delle scadenze del Tbond si sono mosse in maniera ondivaga seguendo l’avvicendarsi delle notizie sulla situazione macro Usa. Il quadro complessivo è stato poi ben delineato dai dati sul Pil. La revisione finale dell’indicatore ha detto che nel secondo trimestre gli Usa sono cresciuti dell’1,4%, rispetto al +1,1% della lettura intermedia del mese scorso e il +1,2% di quella preliminare. Il dato è migliore delle previsioni degli analisti, che attendevano una revisione al rialzo dell'1,3%. L’economia, però, cresce meno del 2% da tre trimestri consecutivi. L'attuale ritmo di espansione è il più debole dal 1949.
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