Il Giappone corre, ma non abbastanza

Nell’ultimo mese le categorie dedicate al Sol levante hanno dato segnali di risveglio. Ma recuperare la strada persa dai massimi dell’estate scorsa non è un compito facile. E il quadro macro per ora non aiuta.

Marco Caprotti 28/04/2016 | 10:45
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Il Giappone è conveniente? Guardando l’andamento delle categorie Morningstar dedicate al Sol levante dell’ultimo mese qualche dubbio potrebbe venire. In quattro settimane quella dedicata alle large cap è salita (in euro) di quasi il 4% (3,2% in yen), mentre quella riservata alle small e mid cap ha fatto segnare +2,25% (+2,1% in valuta locale). Dai massimi degli ultimi tre anni toccati l’estate dell’anno scorso, tuttavia, le due categorie si sono lasciate alle spalle rispettivamente il 14,6% e il 10% (in moneta unica). Tra le principali ragioni che hanno portato alle vendite ci sono state le turbolenze che hanno coinvolto i mercati finanziari asiatici e il rafforzamento dello yen che ha reso più costose le esportazioni giapponesi. Il crollo dei prezzi è stato particolarmente veloce nelle prime settimane del 2016.

“Dal nostro punto di vista, il sell-off sul mercato giapponese a partire dalla scorsa estate è stato esagerato”, spiega un report firmato da Ernst Glanzmann, responsabile delle strategie azionarie per il Giappone di GAM. “Potrebbe di conseguenza essere conveniente osservare più da vicino le società basate in Giappone, in particolare i produttori nel settore della robotica e della tecnologia, segmenti che stanno traendo vantaggio dall'incremento della domanda proveniente dalle economie emergenti”.

Il quadro macro
Nel frattempo gli investitori fanno i conti anche con gli ultimi dati macro arrivati dall’Arcipelago che continuano a mostrare una situazione in chiaroscuro. La produzione industriale è rimbalzata a marzo del 3,6% dopo aver registrato nel mese di febbraio il suo più grande calo dal marzo 2011 (-6,2%). C’è stata però una nuova contrazione dell'inflazione a marzo. I prezzi al consumo, esclusi i prodotti deperibili, sono scesi dello 0,3% rispetto a un anno prima, ben al di sotto del target del 2% della Banca centrale, dopo la stagnazione in gennaio e febbraio. Il governatore della Bank of Japan, Haruhiko Kuroda, spiegando l’ultima decisione dell’istituto di non toccare i tassi di interesse, ha ribadito che “sarà fatto tutto il possibile” per raggiungere il target del 2% di inflazione.

Il leading indicator del Giappone, indicatore dello stato di salute dell'economia, è stato rivisto al ribasso per febbraio a 96,8 da 99,8 della stima preliminare. Si tratta del livello più basso dal dicembre 2010. A gennaio l’indice era ben sopra i 100 punti a 101,2 e a febbraio 2015 era a 103,9 punti.

E’ peggiorata intanto, ad aprile, l'attività manifatturiera. L'indice Nikkei Pmi è sceso a 48 da 49,1 di marzo. Si tratta della stima flash diffusa da MarkitEconomics e segnala il maggior peggioramento nelle condizioni di produzione manifatturiera da gennaio 2013. In calo sia la produzione che i nuovi ordini.

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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