La Cina svela i punti deboli delle materie prime

Il rallentamento del paese asiatico ha fatto capire chi aveva un vero vantaggio competitivo e chi, invece, ha solo cavalcato l’aumento delle commodity. Vincono le aziende che hanno puntato sulla diversificazione dei materiali. 

Marco Caprotti 20/10/2015 | 16:34
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Il vantaggio competitivo di un’azienda non è un elemento di valutazione scolpito nella pietra. Quello che Morningstar chiama Economic moat, infatti, può essere creato o distrutto dalle stesse società o dalle dinamiche dei mercati. Lo stanno scoprendo gli operatori che investono nel settore dei materiali industriali: forse quello più condizionato, nel bene e nel male, dall’andamento della congiuntura cinese. “Uno degli elementi che nell’ultimo decennio ha influito di più nel segmento delle materie prime è stato l’aumento della domanda da parte del Paese del Drago”, spiega Jeffrey Stafford, analista di Morningstar. “La grande richiesta di Pechino in molte occasioni ha determinato una forte salita dei prezzi delle commodity. In questa situazione le aziende che sembravano in grado di avere dei vantaggi di costo (sia in termini di vendita del prodotto, che di risparmi) rispetto alle altre parevano favorite perché, fra le altre cose, sembravano in grado di crearsi un ampio Economic moat rispetto ai concorrenti. Quando la congiuntura cinese ha cominciato a fare dei giri a vuoto, si è visto che alcuni aspetti che rendevano una società migliore di un’altra sono evaporati”.

Non guardare il Toro
Il problema, secondo l’analista, è che spesso gli investitori, quando guardano all’Economic moat si lasciano confondere dalle fasi di mercato Toro. Una forte e inattesa domanda di un bene porta a un forte aumento del suo prezzo e in questa situazione, anche le aziende che hanno sempre avuto difficoltà di bilancio improvvisamente vedono la loro profittabilità migliorare, dando l’impressione di poter creare e migliorare il loro vantaggio competitivo. “Nel settore delle materie prime le aziende che hanno veramente l’Economic moat, tuttavia, sono quelle che sono in grado di fare investimenti che non incidono troppo sulla loro redditività ogni volta che la domanda scende e i prezzi, di conseguenza, calano”, dice Stafford. L’insaziabile appetito della Cina per le materie prime industriali nell’ultimo decennio, unito a un’offerta tiepida, ha portato a crescite stellari delle valutazioni del carbone, dei minerali di ferro e del rame, giusto per nominare i più importanti. Ma gli straordinari guadagni realizzati dalle aziende del settore in questo periodo si sono rivelati effimeri per due motivi. Primo: la riduzione della domanda cinese. Solo due anni fa il paese asiatico consumava l’equivalente di 7,1 chili di rame pro-capite rispetto ai 2,6 chili di 10 anni prima. Oggi ne consuma meno di Germania e Corea del Sud, anche se di più rispetto al Brasile e alla Thailandia (dati dell’International Copper Study Group).

Secondo: quando i prezzi delle commodity si alzano le aziende del settore sono spinte a mettere nuovo materiale sul mercato. Ma ci vuole tempo prima di sviluppare nuovi siti estrattivi e aumentare la produzione. Quindi, per un certo periodo, l’offerta non riesce a stare al passo della domanda (dando nuovo impulso ai prezzi). Alla fine il rapporto si avvicina al punto di equilibrio, ma i produttori devono subito fare i conti con un calo delle vendite che si accentua mano a mano che sul mercato continua ad arrivare materiale. “La Cina, con la sua corsa economica che sembrava inarrestabile ha esasperato questo processo e ora le conseguenze sono pesanti, soprattutto per quelle aziende che, all’inizio del ciclo non avevano un solido vantaggio competitivo”, spiega l’analista di Morningstar.

Alla luce di questo scenario, dal punto di vista operativo, secondo Stafford le società più interessanti in un’ottica del vantaggio competitivo sono quelle che, nel corso degli anni, grazie a ristrutturazioni, investimenti e acquisizioni, sono riuscite ad orientarsi su un mix di prodotti da offrire ai clienti senza restare legati a una sola commodity.

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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