Sui mercati finanziari non esistono più pasti gratuiti. Negli ultimi cinque anni, i fondi monetari in euro (disponibili in Italia), che sono equiparabili a un investimento privo di rischio, hanno reso in media lo 0,3% annuo (al 30 settembre 2015). Nello stesso periodo l’inflazione media annua nel Belpaese è stata dell’1,6% (fonte Istat). L’investimento in liquidità, dunque, non ha protetto il potere di acquisto della moneta.
C’era una volta il BoT
Sono lontani i tempi in cui il BoT (Buono ordinario del Tesoro) a sei mesi rendeva oltre il 10% (bisogna ritornare a metà degli anni Novanta) e il rating dell’agenzia Standard & Poor’s sull’Italia era pari ad AA, ampiamente all’interno dell’universo dei titoli di debito di buona qualità. Oggi il titolo italiano di pari-scadenza rende un magro 0,06% e il giudizio sul Belpaese è BBB-, un gradino sopra il livello spazzatura. La svolta è avvenuta nel 2011, con la crisi del debito sovrano, che ha portato in Europa un rischio che in precedenza era tipico dei paesi emergenti: quello politico.
Con i tassi che in Europa sono vicini allo zero, tenere i soldi sotto il materasso o in investimenti di breve termine non permette neppure di coprire la seppur bassa inflazione (0,2% nel 2014, fonte Istat). In altre parole, la liquidità è un rischio più che un’opportunità. Il pericolo più grande è di mancare il proprio obiettivo finanziario (cosiddetto shortfall risk). Per chi ha un orizzonte di lungo periodo, tenere molti soldi in strumenti a bassa volatilità (e quindi rendimenti minimi) aumenta il rischio di non risparmiare a sufficienza per la pensione o per altre esigenze, come l’acquisto di una casa.
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